(immagine di Youtube)

Marionette per adulti

Mariarosa Mancuso

Dal Mickey Sabbath nato dalla penna di Roth a Edgar Bergen e Jim Henson, creatore dei Muppets.

 

Mickey Sabbath è un burattinaio con le mani devastate dall’artrite. Gli è morta anche l’amante, se dobbiamo giudicare dalla quantità e dalla qualità delle prestazioni rimpiazzarla non sarà impresa facile. “D’ora in poi, un mio pensiero su tre sarà dedicato alla morte”, annuncia nel romanzo di Philip Roth “Il teatro di Sabbath” (anno 1995: dopo un periodo non brillantissimo, parlando di libri naturalmente, lo scrittore era tornato in gran forma). Fa il verso al mago Prospero che nella “Tempesta” di William Shakespeare spezza la bacchetta magica e cede alla vita da anziano. Ma ancora si tormenta: “Perché non ho accettato il lavoro che mi aveva offerto Jim Henson?”.

 

Sicuro, l’inventore dei Muppets sta in un romanzo di Philip Roth. Peccato che il documentario in onda domani su Studio Universal (Mediaset Premium DT) non ne faccia cenno. Non si poteva pretendere: i burattini son roba da bambini, e il pregiudizio sfavorevole nei confronti dell’animazione ancora resiste, come se i film Pixar non esistessero. Pare brutto citare un personaggio (sia pure di carta) che nel 1969 rifiuta un contratto per la serie “Sesame Street” e mette su un porno-teatrino di marionette. Molto alternativo, tanto più che non c’erano burattini ma solo mani nude (l’altra possibilità di carriera, nelle parole di Mickey Sabbath, era “faccio il magnaccia”).

 

Escluso Philip Roth, in “Jim Henson e i suoi Muppet” (fa parte di una serie in onda sulla Pbs) c’è tutto quel che deve esserci. A cominciare da Candice Bergen, la scrittrice che in “Ricche e famose” di George Cukor non la fa tanto lunga con l’arte e l’ispirazione contentandosi di guadagnare un mucchio di soldi con il suo bestseller. Suo padre Edgar Bergen faceva il ventriloquo, con un pupazzo di legno battezzato Mortimer Snerd (aveva imparato la tecnica leggendo un libretto, niente scuola): personaggio amatissimo del giovane Jim, nato in provincia da genitori molto religiosi. Non si opposero però alla televisione casalinga, che per Jim fu la salvezza vera.

 

I burattini di legno gli sembravano un po’ troppo rigidi, usò un vecchio cappotto della mamma e due palline bianche per il suo personaggio più famoso, Kermit la rana (poi il batrace si fidanzerà con Miss Piggy, l’anno scorso hanno annunciato la loro separazione, tra divi si usa così). “Sesame Street” – “Sesamo apriti”, per gli spettatori italiani – è la serie con i Muppet più famosa, nata per dare una mano ai ragazzini svantaggiati (almeno in tv potevano sentire un po’ di inglese). Come facesse a piazzare la rana Kermit su una bicicletta, e a farla pedalare in assoluta naturalezza, è cosa che gli animatori ancora si chiedono. Anche Frank Oz, che ha lavorato con lui per una vita intera.

 



 

Con i primi pupazzetti – “Sam & Friends”, fabbricati e animati assieme alla futura moglie Jane Nebel – Jim Henson guadagnò abbastanza da presentarsi in Rolls Royce alla cerimonia di laurea. Fu il primo a sfruttare davvero lo schermo televisivo, più versatile del teatrino con il marionettista nascosto: i personaggi potevano entrare in scena anche dall’alto. Cercò per tutta la vita – è morto di polmonite a 53 anni, aveva appena delegato alla Disney gli aspetti commerciali del lavoro, riservandosi la parte creativa – di staccare i Muppet dal circuito esclusivamente bambinesco. Non gli riuscì. Come non gli riuscì il fantasy “Labyrinth” con David Bowie e la giovanissima Jennifer Connelly. Il film ha comunque abbastanza fan per giustificare la riedizione in occasione del 30° anniversario. Uscirà il 28 settembre, ricca di contenuti speciali.

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