Il cetriolo

Mariarosa Mancuso
I tre gradi di un’erezione spiegati da frutta e verdura. Provocazione e oltraggio, ma poche idee

    L’avevamo già, una serie che non si poteva nominare né consigliare (il fatto che siano serie non vuol dire che escano tutte capolavori). Di produzione britannica, in onda su Channel 4, era intitolata “Scrotal Recall”: un giovanotto bello e biondo di nome Dylan doveva richiamare le sue ex – Abigail, Anna, Cressida, e siamo solo alle prime tre puntate – annunciando un’infezione non grave ma trasmessa rotolandosi tra le lenzuola. L’ambulatorio mette a disposizione appositi cartoncini da imbustare e spedire, lui preferisce fare a voce, fornendo ampio materiale agli sceneggiatori.

     

    L’idea venne allo showrunner Tom Edge mentre lavorava a un programma scientifico, e sentì dire (da qualcuno che aveva letto “Armi acciaio e malattie” di Jared Diamond): “La storia del mondo si può raccontare seguendo i contagi”. Un altro studio scientifico – pare svizzero e pare condotto sull’arco di dieci anni, così ripete in ogni intervista l’inventore della serie Russell T Davies – ha offerto lo spunto per “Cucumber”. Vita da gay a Manchester, continuamente intervallata da inquadrature di cetrioli, banane, tofu: i tre gradi dell’erezione, secondo gli scienziati che l’hanno studiata lunghissimamente (si capisce che Master & Johnson, anche loro titolari di una serie tv, sapevano far fruttare meglio il loro tempo).

     

    “Cucumber” (che significa cetriolo, non cocomero) racconta una coppia gay in cui un signore di mezza età, neppure particolarmente attraente, rifiuta fermamente di sposare il partner (nero e scultoreo) che pure glielo ha chiesto con insistenza. “Da quando ho dieci anni so che non mi sarei mai sposato”, aggiunge il renitente per rincarare la dose. Non sa ancora che la sua vita sta andando in pezzi, proprio da quella sera, e che si ritroverà con la valigia davanti a un loft abitato da ventenni promiscui. Un pochino conta e fa precipitare le cose, va detto, il tentativo di portarsi a casa uno sconosciuto: “Facciamo una cosa a tre?”.

     

    Una faccenda a tre la propone anche il regista, nello spot che annuncia la serie. Anche qui, cetrioli, banane e tofu (“adult humour”, mette in guardia una scritta). Non si vedeva tanto porno senza umani da un filmino che tanti anni fa vinse il festival porno-amatoriale “Hump!” di Seattle, reso celebre nel 2009 dal film “Humpday” di Lynn Shelton: siccome tutto è già stato fatto, due giovanotti decidono per un gay porn girato da attori etero, finisce malissimo. E qui ritorna il trio.

     

    Completano la triolgia banana e tofu

     

    Lo showrunner non si accontenta di “Cucumber”, otto episodi su Channel 4. Accerchia lo spettatore con un’altra serie intitolata “Banana”: otto episodi dedicati ai millennial Lgbtq (in onda sul canale digitale consociato E4). Per non morire sopraffatti dallo zuppone alfabetico: vuol dire che non troverete neppure un personaggio eterosessuale. Non pago, mette in cantiere una web serie-verità con il titolo “Tofu”: disponibile a richiesta su 4oD, ha ospiti che per guadagnarsi i propri cinque minuti di celebrità dovevano raccontare in video la loro migliore avventura. Trascura solo la banana sbucciata, che gli studiosi collocano nella scala del duro tra la banana con la buccia e il cetriolo. Lo spettatore non si sente comunque al sicuro: potrebbe ripensarci e completare l’offerta.

     

    Era firmata Russell T Davies la prima serie gay vista in tv, con il titolo “Queer as folk” e sempre ambientata a Manchester. Ha partecipato alla rinascita della classica serie fantascientifica britannica “Doctor Who”. I cetrioli e le banane – per non parlar del tofu – mirano alla provocazione e all’oltraggio, più che al divertimento.