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La situa - dibattiti universitari

Tasse a sinistra

Abbiamo chiesto questo agli studenti universitari: la sinistra fa bene a essere il partito della patrimoniale?

Abbiamo chiesto questo agli studenti universitari: La sinistra fa bene a essere il partito della patrimoniale? Scrivete anche voi, in duemila battute, a situa@ilfoglio.it. I migliori testi degli studenti universitari saranno pubblicati (qui trovate tutti gli articoli degli studenti pubblicati in questi mesi). Se non sei ancora iscritto a La Situa puoi farlo qui, ci vuole un minuto, è gratis.

   


   

Dopo questa legge di bilancio, la sinistra italiana aveva un'enorme opportunità per esercitare un'opposizione seria e credibile. Invece, ha preferito concentrarsi su un tema — la patrimoniale — che oggi non suscita né particolare interesse, né consenso diffuso.
Così facendo, ha smesso di essere il partito che difende il lavoro e i salari equi, per diventare il partito della tassazione sui patrimoni. Il risultato? Anche chi stava cominciando a prendere le distanze da Giorgia Meloni, giudicandola troppo radicale, ha fatto marcia indietro. Davanti a sé, infatti, non vede un’alternativa concreta, ma un vuoto di idee e di proposte.
Da una forza progressista ci si aspetta di più: un'opposizione solida, fondata su contenuti e visione. Invece, molti elettori continuano a sostenerla soltanto perché la considerano il "male minore".
La strategia attuale della sinistra sembra essere, purtroppo, quella di “buttarsi la zappa sui piedi da sola”.
Per essere un’opposizione che si fa sentire, la sinistra deve cominciare a lavorare in modo compatto. Non solo il Partito Democratico, come guida centrale del fronte progressista, ma tutto il "campo largo" dovrebbe contribuire a costruire una proposta credibile. Ogni forza politica deve valorizzare i propri punti di forza, contribuendo a formare un gruppo solido, in grado di portare in Parlamento idee concrete, anziché riproporre temi già sonoramente bocciati in passato.
Se davvero vuole essere presa sul serio, la sinistra deve smettere di limitarsi a dire l’opposto di ciò che afferma la Meloni. Un'opposizione basata solo sul contrasto non vince le elezioni. Forse, più che puntare sulla patrimoniale, dovrebbe riflettere su come ricostruire un rapporto con quell’ampia fascia di cittadini che oggi si astiene dal voto — e che probabilmente continuerà a farlo anche alle prossime elezioni. Proprio questa disillusione potrebbe consegnare ancora una volta la vittoria alla destra.
 
Alessia Lapietra
Giurisprudenza Università Bocconi
 
 
L’opposizione di centro sinistra italiana ha una nuova ed inquietante fissazione, da un po’ di tempo a questa parte: la tassa sui grossi e grassi patrimoni di chi lavora.
Mi sembra proprio che l’unico con le idee chiare sulla policy domestica sia chi si trova al governo: ha quella linea, e quella linea rimane. L’opposizione, invece, con le sue idee di ricambio, traballa. 
All’inizio dell’estate il problema era la cittadinanza da dimezzare — tema poi scomparso dai radar.
Due anni fa, invece, il problema era il salario minimo legale e garantito a tutte le fasce: tema non del tutto scomparso, ma costruito a faro da seguire per cambiare il mercato del lavoro. Pd, M5S e AVS docet, s’intende. 
E farebbe quindi male ad identificarsi con questa nuova battaglia della tassa patrimoniale, probabilmente persa ai nastri di partenza e che rischia di diventare un autogol. 
Che senso ha chiedere ulteriori contributi ai più tassati in assoluto, per la già tanto ampia e generosa spesa pubblica italiana? Mille cento miliardi di euro sono spesi dallo Stato, i privati ne incassano duecento in più. Un rapporto di per sé sbilanciato, a cui non serve esagerare, aggiungendo ulteriori entrate, se i servizi rimangono i medesimi o, al peggio, peggiorano.
E la storia recente non aiuta chi sogna la patrimoniale come panacea.
In Francia l’ISF ha fatto scappare capitali e contribuenti, fino a costringere Macron ad abolirla; in Svezia ha portato all’emigrazione di imprenditori e investimenti, fino all’eliminazione definitiva nel 2007; in Argentina, l’imposta straordinaria sulla ricchezza ha drenato risorse senza generare sviluppo, aumentando solo l’instabilità. Ecco perché sarebbe ingenuo credere che una simile tassa possa ingranare in un Paese fragile e ad alta pressione fiscale come l’Italia.
La peggiore sinistra europea, che promette redditi di cittadinanza non a pioggia ma a tempesta coi suoi candidati regionali, e che vorrebbe aumentare la pressione fiscale a chi ancora prova a generare ricchezza nello Stivale — a chi lavora e si dà da fare — non segue quegli antidoti di sviluppo che tanto servirebbero all’Italia e ai suoi cittadini, e di cui avremmo disperatamente bisogno.
Davide Castelli, Università degli studi di Milano. 
“La sinistra riparta dalla patrimoniale”: ecco il ridondante slogan che sta tormentando il campo largo in questa settimana.
La nuova proposta - talvolta indicata come “tassa sui ricchi” e sostenuta da una parte della coalizione di minoranza - mirerebbe ad una ulteriore imposta sui patrimoni delle persone fisiche, con una fascia di reddito elevato, così da ridistribuire la ricchezza per il bene comune: dunque una vera e propria imposta in stile sovietico perfettamente allineata con le tesi marxiste di ridistribuzione sociale.
In particolar modo, è proprio il segretario Avs Fratoianni – affiancato dall’ormai noto Landini – a sostenere l’importanza di far fronte a tali tematiche per creare una solida alternativa a Giorgia Meloni. Una visione, dunque, non proprio liberale considerando le già gravose tasse patrimoniali occulte a cui gli italiani devono far fronte; una decina di voci che, se non altro, garantiscono alle casse dello Stato 50 miliardi di euro l’anno.
Riprendendo le affermazioni di Fratoianni in merito all’equità e la giustizia sociale di tale imposta, ritengo necessario evidenziare come quest’ultima risulti, in realtà, del tutto iniqua. Una patrimoniale di questo tipo si tradurrebbe infatti in una doppia tassazione; da un lato il reddito verrebbe colpito al momento della sua produzione, dall’altro, il patrimonio formato con quel medesimo reddito subirebbe una seconda ed ulteriore tassazione sul possedimento.
Il pericolo deriva dal fatto che l’imposta travolgerebbe beni facilmente reperibili, con la non curanza dei beni immobili difficilmente rintracciabili, coinvolgendo soprattutto i non “super ricchi”.
Il tema “imposta patrimoniale” è una questione che, saltuariamente, torna a farsi forte, ma che fortunatamente non ha mai trovato una concreta esecuzione. La sinistra, dunque, per distinguersi con un’opposizione seria, deve tralasciare queste politiche sterili e divisive persino nel campo largo e ricreare un convincimento comune di una sinistra non ostile e inefficace ma che riesca realmente a onorare l’accezione di progressismo.

Edoardo Chiaverini
Giurisprudenza all’Università di Pisa
 
 
Se esiste un concetto esemplificativo di ideologismo frutto del bipolarismo, la patrimoniale lo incarna benissimo. Non perché vi sia un qualcosa di male in senso assoluto nel chiedere un contributo alle fasce più agiate della popolazione, ma proprio perché si tratta di una proposta che di pratico ha poco e di ideologico ha moltissimo. La narrazione che la sinistra sta recentemente portando avanti (e questo “recentemente” potrebbe causalmente datarsi con la vittoria di Zohran Mamdani alle elezioni newyorkesi) è il tentativo, a suo modo, di allinearsi alla retorica classica della sinistra “schieramento dei poveri” e destra “schieramento dei ricchi”. E poco importa se, come brillantemente evidenziato da Luciano Capone sulle pagine de Il Foglio, il governo Meloni ha già operato un’abbondante redistribuzione nei confronti delle fasce più deboli nelle scorse leggi di bilancio, restituendo ampiamente l’ormai celeberrimo fiscal drag (con buona pace di Maurizio Landini). Il punto è che la discussione su una "patrimoniale", qualsiasi cosa sia, dipende dalla configurazione del singolo sistema fiscale. Lo slogan "tax the rich" perché sì, è ideologico oltre che zeppo di invidia sociale. Però, c'è un punto su cui le voci intellettualmente più critiche delle sinistra dovrebbero far leva: il concetto di patrimoniale è di per sé proprio di scarsissimo sforzo intellettuale. Banalmente, sarebbe come dire: “non riesco a trovare alcuna soluzione per alleviare o migliorare la condizione dei poveri se non prendere soldi da altri” (la famosa redistribuzione). Davvero non si trova di meglio? Eppure, l’Italia è uno tra i paesi con la spesa pubblica, spesa in welfare e pressione fiscale più alte d’Europa, per cui le voci da cui recuperare maggiori risorse per il ceto più basso non mancherebbero. Verrebbe, forse, da pensare, che la questione di fondo non pertenga alla giustizia sociale, bensì ad una forma di punizione sociale, che colpevolizzi lo status di “ricco” come un qualcosa di intrinsecamente malevolo (a patto che il ricco di cognome non vada Elkann…).

Gaetano Gorgone
Comparative