
Foto Ap, via LaPresse
La situa - dibattiti universitari
La sinistra e l'immigrazione
La sinistra inglese ha usato toni molto duri sull'immigrazione. Ci viene da chiedere? Ma la sinistra italiana, sull'immigrazione, ha qualcosa da rimproverarsi? L'abbiamo chiesto agli studenti universitari
La sinistra inglese ha usato toni molto duri sull'immigrazione. Ci viene da chiedere? Ma la sinistra italiana, sull'immigrazione, ha qualcosa da rimproverarsi? Qui la storia inglese. Qui le risposte date dagli studenti universitari. Se siete studenti universitari e volete scrivere, qui la mail, in 2000 battute: [email protected]. I migliori testi degli studenti universitari saranno pubblicati (qui trovate tutti gli articoli degli studenti pubblicati in questi mesi)
La linea dura sull’immigrazione annunciata da Keir Starmer nel Regno Unito rappresenta il simbolo di una sinistra meno ideologica e più pragmatica. Il leader laburista ha scelto di affrontare il fenomeno migratorio non come una questione identitaria, ma come un problema da governare con Realpolitik. Non si tratta di chiudere le frontiere al diverso, ma di gestire i flussi in modo sensato e responsabile: una posizione che squarcia l’approccio storicamente più ideologico della sinistra occidentale.
Il confronto con il centrosinistra italiano è inevitabile. Qui convivono due anime: una più istituzionale, legata all’Europa e alla responsabilità di governo, e un’altra più populista e antagonista, che spesso si limita ad opporsi al centrodestra senza proporre soluzioni. Esponenti come Elly Schlein e Nicola Fratoianni rappresentano quest’ultimo approccio, spesso incapace di affrontare la realtà con strumenti concreti. Al contrario, la sinistra italiana farebbe bene a guardare al modello Starmer, che considera l’immigrazione una questione di ordine e sicurezza, non solo di accoglienza.
I numeri giustificano questa svolta: nel 2023 sono entrate nel Regno Unito 900.000 persone, quattro volte il dato pre-Brexit. Anche se nel 2024 il numero è sceso a 728.000, la percezione pubblica è quella di un governo che ha perso il controllo. Inoltre, 37.000 persone hanno attraversato la Manica su barconi gestiti da trafficanti.
Starmer ha anche elogiato il protocollo Albania tra Meloni e Rama, un socialista poco amato dalla sinistra radicale: un altro segnale di indipendenza culturale e politica. Che si parli di Ucraina, immigrazione o capitalismo, Starmer ha mostrato una coerenza e un pragmatismo riformista che mancano a un PD confuso, incapace di stare all’opposizione perché pensato per governare il Paese a prescindere.
Forse non è un caso se lui si prepara a governare, mentre il centrosinistra italiano resta all’opposizione.
Davide Castelli
università degli studi di Milano, facoltà di scienze politiche
"Non saremo un’Isola di stranieri, dovremo riprendere finalmente il controllo delle frontiere": quest’ultime dichiarazioni potrebbero certamente esser associate ad un qualsiasi brexiteer inglese, tuttavia così non è; in realtà appartengono al Premier labourista Keir Starmer esprimendosi sul tema di immigrazione irregolare. Queste conclusioni, che potrebbero risultare populiste e divisive all’interno di un partito di “sinistra”, dovrebbero far riflettere invece quell’aria progressista così radicalmente legata al suddetto tema. Forse non è un caso che Starmer, consapevole degli ultimi sondaggi britannici che hanno visto una crescita esponenziale del partito centrista ReformUk guidato da Nigel Farage (che delle politiche antimmigrazione ha fatto il suo cavallo di battaglia), abbia deciso di cambiare rotta su un tema così caro all’opinione pubblica inglese da sempre molto influente. Queste parole, così scomode persino al partito labourista, dovrebbero essere un punto di partenza da cui le “sinistre” europee dovrebbero ripartire. Starmer, molto amato dai partiti di centro-sinistra italiani dovrebbe rappresentare un loro riferimento di buon senso da cui prendere spunto, abbandonando quelle retoriche sterili che hanno portato ad un tracollo elettorale degli ultimi anni. La sinistra ha bisogno di distaccarsi dalla mera opposizione radicale, aprendo la strada a nuovi ideali condivisi persino in ambito europeo; è agli occhi di tutti, infatti, che il problema dell’immigrazione irregolare ed incontrollata sia una necessità di cui certa sinistra tende a disinteressarsi. Nonostante la Brexit non abbia portato giovamenti al problema immigrazione ed il Premier Labourista cavalchi questa evidenza, c’è un’urgenza comune di risolvere questa situazione allontanandosi persino da convinzioni apparentemente scontate.
In un’Europa sempre più frammentata, l’approccio di Starmer può rappresentare un segnale di maturità politica; non dobbiamo confondere le dichiarazioni del Primo Ministro come un avvicinamento alle destre; tuttavia, riconoscerle come un accoglimento di determinate istanze derivanti da un disagio popolare ben marcato.
Edoardo Chiaverini
dipartimento di Scienze politiche dell’università di Pisa
La destra ha fatto dell’immigrazione un arma elettorale. La sinistra parla di principi e finge che non sia un problema.
Dalla politica dei porti chiusi al cosiddetto “blocco navale”, la richiesta di più sicurezza e controllo dei confini ha trovato terreno fertile nell’opinione pubblica. In Italia, come suggerisce il 1º rapporto del CENSIS sulla filiera della sicurezza, oltre 19 milioni di italiani percepiscono il rischio di criminalità nella zona in cui vivono, spesso associandolo al tema dell’immigrazione.
Se da un lato la destra italiana ha cavalcato l’argomento, utilizzando strumentalmente fatti di cronaca, la sinistra non ha saputo offrire risposte all’altezza. Identificata dai cittadini con le politiche dei porti aperti e degli arrivi indiscriminati, la sua comunicazione, incentrata su integrazione e accoglienza, non ha funzionato.
Diciamolo chiaro e tondo: sicurezza e immigrazione non sono temi esclusivi della destra. Se ne sono accorti i laburisti di Starmer o i Liberali di Carney: un fenomeno epocale di tale portata deve essere gestito e non ignorato. Sarebbe un errore lasciare alla propaganda di destra questioni sociali come: degrado urbano, legalità e immigrazione. Si tratta di problemi concreti con cui i cittadini devono interfacciarsi ogni giorno. Le elezioni lo confermano: fare finta che tali questioni non esistano non è la soluzione. La sinistra dovrebbe sottolineare con maggior vigore il contributo degli immigrati, che oggi in Italia contribuiscono al Pil nazionale per il 10%, arrivando al 15% in settori come l’edilizia. Secondo Confindustria, l’Italia avrebbe bisogno di 120.000 lavoratori immigrati in più ogni anno per i prossimi cinque, oltre alle quote già previste dai decreti flussi. È stato proprio il governo di destra, dopo un bagno di realtà, ad approvare la più ampia programmazione triennale di ingressi regolari per lavoro mai adottata in Italia: 452.000 ingressi previsti nel triennio 2023-2025.
Servono più lavoratori qualificati e regolari. Servono più controlli, non un’accoglienza senza regole. Gli italiani, dopo anni di governo “Legge e Ordine”, si sentono più sicuri oggi? La sinistra italiana costruisca nuove politiche mettendo al centro i cittadini e i loro bisogni. Servono risposte concrete per la tenuta del patto sociale. Sicurezza e accoglienza non sono incompatibili. Sono il banco di prova di una sinistra che vuole tornare a governare.
Niccolò Fiorini
corso di laurea in Scienze Internazionali dello Sviluppo e la Cooperazione
Che la sinistra italiana si muova in una direzione opposta rispetto a molte sinistre europee non è una novità. Il premier inglese desidera un maggiore controllo sull’immigrazione, un’esigenza nata dal fatto che, negli anni precedenti, il Regno Unito ha lasciato ampio spazio alla proliferazione di legislazione islamica, spesso estranea all’ordinamento giuridico britannico. Oggi si cerca di fare un passo indietro.
Un percorso, quello intrapreso dal Regno Unito, che affonda le sue radici nella Brexit: una riforma, una rivoluzione, con l’obiettivo di diventare completamente indipendenti.
Il tema dell’immigrazione illegale è certamente complesso. Non si tratta solo di masse di persone che arrivano nel nostro Paese: si tratta di esseri umani, esattamente come noi, la cui dignità spesso viene calpestata. E noi, come Repubblica, non stiamo offrendo una reale tutela alla dignità umana.
Senza dubbio, l’immigrazione genera una certa incertezza tra gli italiani, che vedono arrivare molte persone spesso prive delle competenze necessarie per integrarsi in modo efficace. Occorre una legislazione adeguata che consenta di controllare i flussi migratori e, soprattutto, di contrastare il traffico illegale di esseri umani.
Chi, come me, vive sulla costa ionica ha assistito a centinaia di sbarchi, molti dei quali finiscono in tragedia, con la morte di uomini, donne e bambini che sfidano la ferocia del mare. La strage di Cutro, avvenuta sulle coste di casa mia, è stata uno dei momenti più strazianti nella storia recente dell’immigrazione in Italia.
La sinistra dovrebbe preoccuparsi davvero di queste persone: disperati che farebbero qualsiasi cosa pur di fuggire da realtà insostenibili. L’approccio di Keir Starmer forse non è quello più adatto a un Paese come il nostro, che rappresenta la prima banchina del Mediterraneo. Tuttavia, è chiaro che un cambiamento radicale sul tema dell’immigrazione è necessario.
L’accoglienza dovrebbe essere il motore principale, non solo perché è alla base della nostra cultura, ma anche perché la nostra Costituzione tutela la dignità umana. La regolamentazione dovrebbe essere il secondo motore: trovare una soluzione condivisa, trasversale, che unisca destra e sinistra per costruire un sistema migratorio che non generi più tragedie.
Alessia Lapietra
corso di laurea in Giurisprudenza, Università Bocconi di Milano
Parlare di immigrazione implica dettare legge decisionale sul libero spostamento di persone e si contorna spesso di un sentimento giustificazionista da parte della politica di ogni Paese che tocca l’argomento con mano sempre cauta, indossando le vesti immacolate di chi deliberi, nel bene e nel male, nell’ottica del benessere popolare. Il Primo Ministro britannico K. Starmer imprime una pennellata conservatrice alle proprie vedute — nazionaliste più che nazionali — nel momento in cui auspica un sistema selettivo che si intinge nell’amarezza del proibizionismo in termini di immigrazione, limitando in maniera significativa l’entrata di persone dall’estero e il loro possibile reclutamento lavorativo in sede britannica. L’ostacolo all’immigrazione sembra nascere da un classismo che privilegia il capitale umano autoctono e stressa il bisogno di cambiare le sorti del Regno Unito, ormai “un’isola di stranieri” come riportato dalla BBC citando lo stesso Starmer. Una propaganda perseguita all’insegna della preservazione dell’integrità nazionale maschera una più profonda riluttanza all’apertura rispetto all’estero; chiudersi ermeticamente viene dipinto come il metodo più facilmente praticabile per aumentare la sicurezza sul territorio, ma può altresì celare un’avversione alla presenza di volti e abilità nuove, vittime del pregiudizio che ne oscura l’analisi oggettiva. La sinistra italiana ha intrapreso un percorso di lotta alla immigrazione irregolare, mancando di efficacia nell’applicare i propri disegni governativi — come dimostra la mancata ridefinizione della legge Bossi-Fini, che vincola il permesso di soggiorno al possedimento di un lavoro effettivo. Al fine di gestire i flussi migratori in Italia occorre una comunicazione e accordo regolamentato con i paesi di provenienza dei migranti, il cui ingresso sul territorio non venga ostacolato aprioristicamente ma sia agevolato nell’ottica di una integrazione professionale, capace di favorire una maggiore eterogeneità in ambito accademico e lavorativo. Una coordinazione inter-nazionale consentirebbe dunque di associare al termine immigrazione quello di regolamentazione, al fine di azzerare le esternalità causate dalla poca sicurezza e investire nella formazione di individui provenienti da realtà extra-italiane.
Alice Di Terlizzi
bachelor in International Politics and Government, Università Bocconi