
La situa - dibattiti universitari
Il 25 aprile, oggi
Il 25 aprile è anche un test per riconoscere i fascismi del presente? E siamo sicuri che il test sia più per la destra che per la sinistra? Chi è che combatte meglio i fascismi del presente?
Abbiamo chiesto agli studenti universitari di ragionare su cosa è il 25 aprile oggi. Domanda: Il 25 aprile è anche un test per riconoscere i fascismi del presente? E siamo sicuri che il test sia più per la destra che per la sinistra? Chi è che combatte meglio i fascismi del presente? Scrivete anche voi a [email protected]: i migliori testi degli studenti universitari saranno pubblicati (qui trovate tutti gli articoli degli studenti pubblicati in questi mesi). Se non siete ancora iscritti alla Situa lo potete fare qui.
Il 25 aprile, come ogni ricorrenza nata per ricordare gli orrori del ventennio fascista e della Seconda guerra mondiale, diventa -senza alcun indugio- un momento di strumentalizzazione sia per la destra che per la sinistra.
In un universo parlamentare in cui la polarizzazione diventa sempre più netta e aspra , ogni manifestazione del 25 aprile diventa una scusa per polemizzare e fare propaganda. Quest’anno, oltre al 25 aprile, si celebreranno anche i funerali di Papa Francesco, tanto amato da destra a sinistra, ma che divide particolarmente la parte più progressista, per una sorta di gioco di poteri e riconoscenza che la destra nutre nei confronti della Chiesa cattolica.
Che sia un test o no, di certo nessuno lo supera. Ogni manifestazione, ogni momento in cui si esprime la propria opinione e si ricorda un periodo storico, dovrebbe essere riconosciuto con un’importanza e una serietà tali da non poter essere scalfite dalla superficialità della politica di oggi. E invece, la destra e la sinistra di oggi riescono a farlo con estrema facilità.
Combattere i fascismi del presente non vuol dire imbracciare i fucili come fecero i partigiani che liberarono l’Italia; significa avere idee e saperle applicare. Ma soprattutto essere antifascisti vuol dire riconoscere che il passato e la storia sono libri da cui studiare e imparare. La metafora della storia come maestra di vita, per la politica attuale, resta semplicemente uno slogan da utilizzare durante i discorsi.
Se considerassimo il Parlamento un’aula scolastica, assisteremmo a un disagio culturale fuori dalla storia: molti deputati e senatori verrebbero miseramente bocciati. Basti pensare che tanti di coloro che siedono- anzi, che riscaldano la poltrona- non conoscono nemmeno il motivo per cui si festeggia il 25 aprile.
Tirando le conclusioni, credo che il test sia un ottimo stratagemma sulla quale si può riflette e, soprattutto, da cui partire per agire. Non solo per riportare alla luce la consapevolezza originaria che questo giorno richiede, ma anche per insegnare che chi ci ha preceduto ci ha lasciato qualcosa che bisogna custodire e preservare: la nostra democrazia.
Alessia Lapietra
corso di laurea in Giurisprudenza., università Bocconi di Milano
Il 25 aprile torna, come ogni anno, a segnare un momento simbolico per il nostro Paese. È la data che ricorda la Liberazione dal nazifascismo e la fine dell’occupazione tedesca, ma rappresenta anche l’inizio di un nuovo corso democratico. Una giornata di grande importanza, ma che nel dibattito pubblico assume toni sempre più divisivi.
Tradizionalmente, si tende a vedere questa giornata come una "prova" per la destra politica, spesso chiamata a dimostrare la propria distanza da un passato che in parte non le appartiene. Tuttavia, la questione è più complessa.
Oggi i pericoli per la democrazia non si manifestano più con le stesse forme del secolo scorso. Parlare di “fascismo” senza contestualizzare rischia di semplificare la memoria storica e usarla come un’arma ideologica. Proprio per questo, il 25 aprile dovrebbe essere un’occasione per un confronto civile e condiviso, non un campo di battaglia.
E così, se è vero che la destra è spesso sotto scrutinio, è altrettanto giusto chiedersi se anche la sinistra stia facendo la sua parte. Difendere la democrazia oggi significa anche riflettere sui limiti della propria narrazione, evitare letture manichee e riconoscere che i nuovi autoritarismi si combattono con cultura, responsabilità e libertà, non solo con la memoria.
Il 25 aprile dovrebbe essere una giornata di unità, non di divisione. Un giorno che celebra la resilienza di un popolo che ha saputo rialzarsi, ma che non dovrebbe diventare una commemorazione ideologica unilaterale.
Forse è giunto il momento di andare oltre la retorica e vedere questa data come una prova per tutti: per la destra, certo, ma anche per la sinistra, per le istituzioni e per i giovani. Per chi crede veramente che la libertà, quella vera, non sia un'eredità scontata, ma un impegno che richiede dedizione ogni giorno. E se il 25 aprile è davvero di tutti, non sarà che chi insiste a chiedere “da che parte stai?” ha dimenticato di chiedersi perché quella parte non riesce più a parlare a tutti?
Aurora Forlivesi
studentessa di LM COMPASS (curriculum giornalismo e comunicazione politica) dell’Università di Bologna
Sì, il 25 aprile è un test molto più per la sinistra che per la destra. Che ai nipoti politici dei missini e della Repubblica di Salò si chieda di trovarsi comodi a festeggiare la lotta partigiana è velleitario. Questa continua caccia alle streghe fasciste nostrane, alla ricerca dell’abiura, altro non porterà che ad un “eppur si muove” di galileiana memoria. Non che sia per questo meno deprecabile. Semplicemente da loro ci si aspetta da poco. In chi è lecito riporre aspettative sono coloro che si professano gli eredi di chi intimava ai tedeschi di “arrendersi o perire” (Pertini). Oggi costoro tentano di conciliare partigianeria e cerchiobottismo, resistenza e pacifismo. È come se l’antifascismo fosse un software che la sinistra ha lasciato alla versione del 1945, per paura di non essere la migliore nel maneggiare i nuovi aggiornamenti. Sono i partigiani ucraini, oggi, a scrivere il changelog più recente dell’antifascismo, dimenticati come dimenticati furono alcuni eroi dell’antifascismo colpevoli di non appartenere alla maggioranza dello schieramento (e.g. Carlo e Nello Rosselli, Piero e Ada Gobetti). Puntellano la patch più all’avanguardia quegli sparuti palestinesi in protesta che ricordano agli attivisti occidentali - molti dei quali affini alle piazze del 25 aprile - che equiparare Hamas alla resistenza partigiana fa un torto enorme alla memoria di migliaia di eroi. Distribuire patenti di fascismo è un gioco rischioso in cui si rischia di rimanere impigliati. Dovrebbe saperlo Elly Schlein, l’ottantennale della liberazione è un test anche per lei. In pochi ricordano che la segretaria dem, per rincorrere il giochino dell’antifascismo a targhe alterne, si schierò col peronista - questo è o non un sinonimo di fascismo? - Sergio Massa alle ultime elezioni argentine. La verità è che la festa della liberazione altro non è che il festeggiamento del ripristino e duraturo ottenimento delle libertà. Schierarsi univocamente dalla parte di chi lotta per la libertà, è questo il test a cui sottoporre la sinistra moderna.
Gaetano Gorgone
studente al secondo anno del corso di Comparative, European and International Legal Studies, Università di Trento