La Situa - dibattiti universitari
Com'è cambiata la vita a Londra dopo la Brexit?
Ne La Situa, la newsletter del direttore Claudio Cerasa, c'è uno spazio di dialogo e confronto con i nostri lettori iscritti all'università. Qui si dibatte di Londra prima e dopo la Brexit
Ne La Situa, la newsletter del direttore Claudio Cerasa (vi potete iscrivere qui), c'è uno spazio dedicato agli studenti universitari. Uno spazio di dialogo, di confronto, di dibattito, di visioni sul futuro.
Tema; Vivete a Londra? Studiate a Londra? Raccontate come è cambiata la vostra vita con la Brexit.
Recentemente ho visitato il mio ex liceo a Benevento per condividere l'esperienza di studio all'estero. Tradizionalmente, i diplomati optano per l'università locale, un ateneo nel Meridione, come Napoli, o migrano al Nord, Milano o Bologna. Al mio tempo, presentai una quarta via: l'internazionalizzazione, studiare in Inghilterra. Il "liceo internazionale" di Benevento (da cui sono uscito), con più ore di inglese ed esami equivalenti ai GCSE britannici, ha avuto vita breve, ostacolato da costi elevati e poco successo. Solo due, incluso me, hanno sfruttato questi studi per andare oltreconfine. Non attribuisco questa statistica a mancanza di ambizione, ma a barriere socio-economiche che rendono l’idea di studiare all'estero impraticabile, risultando nei miei rari incontri di studenti meridionali a Londra. Tuttavia, dopo la Brexit, il Consolato Generale d'Italia a Londra pubblicò una guida gratuita per districarsi con le difficoltà di studiare in UK, risultando in un aiuto prezioso. Con la Brexit, la perdita dello status di "Home Student" ha raddoppiato le tasse universitarie per gli europei, escludendoli poi dai prestiti studenteschi britannici. La guida offre alternative, come prestiti italiani a tassi vantaggiosi, ma questi non coprono le spese londinesi, e presuppongono l'istruzione come investimento, non spesa. Sia chiaro, la guida e questo articolo, non partono da nessuna premessa di differenze qualitative tra atenei nostrani e britannici. Piuttosto, suggeriscono i risultati dell’analisi, recentemente proposta da d’Hombres & Schnepf (2018), che vedono benefici nella mobilità studentesca per gli studenti italiani. Nella mia recente visita al liceo, rispondendo ad un alunno sullo studio in UK, ho consigliato la guida e l’articolo, promettendo supporto. Ma la Brexit e le politiche italiane recenti, come il ridimensionamento al bonus "Rientro dei cervelli", vanificano la "quarta opzione" per i meno abbienti. Ed a risentirne sono gli studenti di città come Benevento.
Fabio Carolla
Il bonus per il rientro dei cervelli è ormai un tema scottante nelle discussioni tra connazionali all’estero. Troppo spesso, tuttavia, si trascurano i motivi della nostra partenza, che potrebbero essere la chiave per capire come incentivare il nostro ritorno. Va inoltre prestata attenzione anche a quella fetta di persone che partono per formarsi. Per questo è importante chiedersi: cosa spinge gli studenti italiani ad andare all’estero? E quali incentivi li convincerebbero a tornare?
Ho posto queste domande a studenti nel nostro network, i quali hanno dischiuso un panorama di motivazioni tutt'altro che scontato. Tra i principali motivi d’addio al Belpaese, si contano: il desiderio di carriera, la qualità dell'educazione e le percepite limitazioni del sistema d'istruzione nostrano – tre fattori chiave che hanno guidato la nostra diaspora verso altre terre. Interrogati sul potenziale richiamo del bonus per il rientro, la risposta è stata univoca: un no deciso. Più di 8 studenti su 10 considera l’opzione di un ritorno solo dopo aver maturato un'esperienza professionale all'estero di almeno 3-6 anni, attratti da incentivi che vanno oltre il mero aspetto economico. Qualità della vita, legami familiari e il richiamo della cultura italiana si posizionano ai vertici delle ragioni per un ipotetico ritorno, seguiti da un forte desiderio di contribuire allo sviluppo del paese.
Insomma, il cuore degli studenti italiani all'estero palpita ancora per l’Italia, ma si addolora per condizioni che non permettono a noi giovani di spiccare come vorrebbe. Speriamo di rimpatriare, di reinvestire nel tessuto socio-economico nazionale, ma gli strumenti attuali non lo concedono, e attendiamo di “farci le ossa” per esser sicuri di poter contribuire poi. L’impressione, sembra, è che si tornerebbe all’istante, di fronte a segnali tangibili di cambiamento, di riforme strutturali audaci. Dunque sì, il bonus può smuovere qualcosa, ma è l'effettivo cambiamento il vero incentivo che cerchiamo.
Umberto Belluzzo
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