Foto di Daniel Lobo via Flickr

La creatura

Umberto Silva

Quando appare nell’utero di una donna, al suo cospetto siamo impotenti. Perché è lei a decidere

Per oggi la ragazza ha concluso l’analisi; erano in gioco questioni drammatiche e pensierosa è uscita sotto la pioggia. Mi ci stendo io sul lettino, per un quarto d’ora di riflessioni. Penso. Ciascuno ha un suo pensiero, io ho il mio, che negli anni è mutato più volte, a volte in meglio, mi auguro, altre volte resto incerto quando penso a problemi difficili come la nascita di una creatura, e mi chiedo se davvero penso certe cose o se soltanto le butto lì per non pensarci, e poi ci ripenso, e così all’infinito, perché con i figli non è mai finita, nemmeno con i padri se è per questo.

 

Stasera penso che quando una creatura appare nell’utero di una donna, le cose cambiano del tutto. Oso pensare che fin dal primo istante siamo al cospetto di una creatura che ha deciso di vivere, e nessuno può decidere per lei, non un padre né una madre, un prete o uno Stato. Penso che solo lei, la creatura, può decidere del proprio destino. Intanto è nata; non alla luce del sole ma nel formidabile buio dell’utero la creatura ha deciso di vivere, e vive. Penso che annullare questa sua scelta sia assai nocivo per la creatura, che subirebbe un… annientamento? No, la creatura è immortale; noi piuttosto, padri e madri, che sberla se rinunciamo a una creatura! Non moriamo ma poco ci manca, inutile fare i superuomini che considerandosi nel giusto, se ne fregano, le sberle possono diventare violentissimi uppercut.

  

La creatura ci parla? Beh, non come facciamo noi adulti che questioniamo, scriviamo, litighiamo; quando appare nell’utero la creatura non è ancora in grado di parlare come noi parliamo, con parole che spesso sono pura idiozia. La creatura parla a suo modo; non pontifica e proprio per questa virtù ci dice tante cose, ci fa sperare, piangere, gioire, tremare, odiare, amare, insomma parla tantissimo e ci costringe a parlare meglio del solito, e ad amare come non mai, ma anche talvolta a bestemmiare che no, proprio non ci voleva quella creaturina in quel momento, non poteva sceglierne un altro, di momento, o addirittura starsene chissà dove per l’eternità? No, non poteva, anzi poteva: e ha voluto esserci. Per quanto si pensi e si cerchi di toglierla di mezzo, di farla sparire nel nulla, la creatura è sempre lì, là, qui, continua a vivere nella testa e fin nelle viscere di chi pensava di togliersela di torno e che invece è costretto ad accorgersi che la pensa giorno e notte, la creatura, smisuratamente ampliandola, glorificandola: era piccina ed è diventata un Re, che riscalda le nostre misere capanne. Più viva che mai nella sua morte, la creatura ti chiede perché hai pensato di toglierla di mezzo, e tu balbetti un mucchio di giustificazioni che via via ti sembrano sempre più balorde, e ti vergogni, e chiedi scusa, e lei sorride e ti dà un bacino, e tu un bacio, e lei un altro, e tu piangi, e lei ride, e tu sospiri, respiri, e più che mai la ami. Dire che, abortendo, le madri hanno ucciso la loro creatura, è tentare di impiccarle al nulla. Giù le mani dalle madri, giù la squallida dottrina che le vuole assassine. Le madri e i padri che pensarono, eliminandola, di salvare la creatura, e magari anche un po’ se stesse, dalla miseria o altro, ora più di sempre sanno che lei è viva e sta con loro, sanno che insieme piangeranno, si abbracceranno, consoleranno: la madre confesserà di avere avuto paura e la creatura sorriderà dicendo che un po’ è anche colpa sua, che è stata un po’ importuna. Come non sentire la voce degli angeli davanti a tanta grazia?

 

Non finisce qui. Un giorno, quella stessa creatura che fin dal grembo materno ha desiderato di vivere, ed è venuta alla luce, e ha creato e amato, un giorno potrà desiderare di morire. Sottovoce per non innervosirla, alletteremo la creatura con le più curiose proposte di permanenza in questo mondo. Quando scivolerà via furtiva, o con un potente addio, penso che ovunque la creatura vada noi siamo con lei e lei con noi.

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