Adolf Duterte

Umberto Silva

Vedere i propri figli uccisi nelle Filippine, ad Aleppo, nei balcani. E’ la nostra resa e umiliazione.

 

Hitler ha sterminato tre milioni di ebrei, nelle Filippine ci sono tre milioni di tossicodipendenti. Sarei felice di sterminarli”, ha detto il presidente Rodrigo Duterte. “Se la Germania ha avuto Hitler, le Filippine possono contare su di me”, ha precisato per chi non credeva alle proprie orecchie, producendosi in altre bestialità che il lettore può trovare nell’illuminante pagina di Giulia Pompili. Ma accidenti, come faccio a mettere sul lettino uno così, uno con le idee tanto chiare che già le ha messe in opera ammazzando un paio di migliaia di spacciatori, di drogati o presunti tali, sicché allo sterminio degli ebrei Duterte è capace di avvicinarsi davvero, sterminio che come tutti sanno tranne lui è di sei milioni. Ma forse lo sa, e tiene la popolazione in riserva per altri stermini, quello dei grassi ad esempio, o dei magri, o dei sordi, chissà.

 

Lettino? Manco nel cesso lo metto, nemmeno se comincia a pisciare sangue e così impara a versare quello altrui; sul lettino anche tre alla volta metterei invece i potenti della terra, che a parte qualche rimbrotto di Obama si sono guardati bene dall’intervenire contro il massacratore. Quello spara ai ragazzi tutta la notte e manco ripulisce il sangue. Altro che drogati, qui si tratta di figlicidio, li ho visti morti sulla strada, hanno sedici anni e la morosa che piange, un presidente dovrebbe tutelare i cittadini, i minorenni in particolare, invece li ammazza. Le bestialità promesse da Trump sono niente al confronto, e dopo un meritato successo il politically incorrect sta stufando, a furia di inneggiare allo scorretto si rischia di ritrovarsi  in un mondo di scorregge nucleari.

 

Adolf Duterte è un novello incubo, ma che dire dei cinquanta milioni di cittadini cattolici che votandolo si trovano a inneggiare allo sterminio? La chiesa ha cercato in tutti i modi di fermare Duterte, e torna a suo onore, ma perché ancora il Papa non l’ha scomunicato, di qualsiasi religione sia costui? Farebbe colpo. Intollerabile il silenzio, Santità, eppure dicono che lei crede nell’esistenza del Diavolo, perché allora esitare, cosa aspetta a raccomandarlo a Lucifero? E l’Onu può tenere in grembo uno così? Ma certo che può, figurarsi, a confronto di Kim Jong-un che spara i razzi Duterte è un simpaticone; ma a pensarci bene anche Kim è un simpaticone, riappaiono morti vivissimi, non sarà tutto un gioco, un bel carnevale? Come no.

 

Occorrono interventi, violenti e decisi, violentemente e con decisione ha scritto Adriano Sofri sul Foglio. Condivido e rilancio, aborro il pacifismo, da quando sono nato lotto con me stesso, non solo l’intervento sia violento e deciso, ma anche, in casi estremi, la resa, la resa dei forti, la resa di chi mai vorrebbe arrendersi. Non dico la pace, così imbrogliona e difficile a farsi, ma dico proprio la resa, quella cosa vergognosa cui nessuno ambisce, anche se storicamente spesso si guadagnò l’onore delle armi, e della prigionia. Nell’ingarbugliata, martoriata, indemoniata Siria e in tanti luoghi attorno, nessuno ha deposto le armi, nessuno ha compiuto l’atto estremo e inderogabile di umiliarsi davanti al nemico pur di salvare le donne e i bambini. So che è un sacrificio tristissimo, ma penso che in cambio della salvezza dei bambini i nemici legittimi di quel mostro di Assad avrebbero dovuto, dovrebbero, offrire la propria resa pur di salvare i figli di Aleppo e dintorni. Migliaia, forse centomila fanciulli uccisi! Guai ostinarsi sulla pelle dei bimbi, essa prima di tutto va salvaguardata.

 

Mai privilegiare il proprio orgoglio, sempre far precedere la salvezza del figlio, meschino sacrificarne la vita in cambio di una più che legittima giustizia. Se i potenti della terra non scendono in campo contro Assad, occorre scendere nell’attiguo campo dell’onore, la resa, occorre donare la propria umiliazione o prigionia o addirittura fucilazione per la salvezza dei figli. Vi ricordate il re Salomone e le due donne? La madre fu pronta al massimo dei sacrifici, rinunciare al proprio figlio, donarlo all’altra, alla strega, pur di lasciarlo in vita. Non so, dico non so, se i quattrocentomila morti del macello balcanico siano stati giusti, ho fortissimi dubbi. Adesso è tutto tranquillo e le bandiere dell’indipendenza svettano e il turismo marcia, ma averlo pagato così tanto! La patria? Certo, ma più dulce et decorum est pro filio mori. Forse per l’indipendenza c’erano altri modi, altre attese. Lunghe, lunghissime, esasperanti? La pazienza è gloria.

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