Tu quoque, Bondi e la "paura" per l'Expo

Redazione
La rassegna della stampa internazionale sui principali fatti che riguardano da vicino. Oggi articoli del Monde, Vanguardia, Financial Times e Sueddeutsche Zeitung

Il cambio di scuderia è lo sport preferito dai parlementari italiani

Parigi, 7 apr 08:33 - (Agenzia Nova) - Il quotidiano francese "Le Monde" pubblica un articolo del suo corrispondente da Roma, Philippe Ridet, dedicato al fenomeno del trasformismo tra i parlamentari italiani: se fosse uno sport olimpico, all'Italia spetterebbe la medaglia d'oro.

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Tu quoque, Bondi!

Berlino, 7 apr - (Agenzia Nova) - L'amore è un sentimento volubile: anche nella politica o proprio nella politica. Tuttavia, gli italiani mai avrebbero pensato che il rapporto che legava Sandro Bondi a Silvio Berlusconi potesse svanire. Il loro legame politico e personale sembrava indissolubile, e invece, all'improvviso, si è verificata la rottura che rappresenta la fine di un'era: al Senato Bondi ha lasciato il gruppo di Forza Italia per unirsi al gruppo misto. Il politico toscano 55enne, ex comunista, è stato per quasi 20 anni portavoce e teorico del "berlusconismo": Bondi coordinava il partito Forza Italia con l'entusiasmo di un missionario e con la voce delicata di un prete.

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Le aziende italiane di design battono la recessione puntando sulle capacità consolidate

Londra, 7 apr - (Agenzia Nova) - Negli ultimi anni diverse importanti case italiane di design hanno prodotto, accanto alle nuove creazioni, riedizioni aggiornate di opere di grandi maestri. L'attenzione alla manifattura, riferisce il "Financial Times", si è accentuata dopo la recessione che ha costretto alcune piccole imprese a chiudere e altre a vendere. L'idea del "made in Italy" è essenziale per i compratori, spiega Francesca Molteni, esponente della famiglia proprietaria della storica azienda di arredamento Molteni & C e fondatrice dell'incubatore Muse project Factory.

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Più di 1.500 migranti soccorsi in Mediterraneo

Parigi, 7 apr - (Agenzia Nova) - La Marina e la Guardia costiera italiane hanno soccorso nel Mar Mediterraneo circa 1.550 migranti che si trovavano a bordo di cinque imbarcazioni: tre delle imbarcazioni erano in difficoltà ed avevano inviato richieste di soccorso mentre si trovavano al largo delle coste libiche; durante le operazioni di soccorso le navi italiane hanno localizzato in quella stessa zona le altre due imbarcazioni.

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Italia: una expo di cibo e camuffamenti

Madrid, 7 apr - (Agenzia Nova) - La paura di "fare una figuraccia" ha rovinato le vacanze di Pasqua del governo italiano, secondo il quotidiano "La Vanguardia". Anche se gli organizzatori di Expo Milano 2015 sostengono che i principali servizi saranno pronti per il giorno di apertura - il 1 maggio - sono arrivati numerosi allarmi circa i ritardi preoccupanti accumulati in molti padiglioni. Si dà per certo che nelle prime settimane della manifestazione bisognerà conciliare l'andamento dei lavori con l'arrivo dei visitatori, motivo per cui sono stati collocati frettolosamente degli enormi pannelli in alcune aree come camuffamento per nascondere i progetti incompiuti. I media italiani esprimono "l'angoscia di un paese e una città - la sua capitale economica - che hanno avuto sette anni per prepararsi a tale evento" e ora si "giocano tutto in una corsa contro il tempo". Secondo il quotidiano torinese "La Stampa", riporta "La Vanguardia", è stato terminato solo un quarto delle strutture previste per l'evento.

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Panorama internazionale

Il presidente americano Barack Obama (foto LaPresse)


L'introvabile accoglienza europea

Parigi, 7 apr - (Agenzia Nova) - Il quotidiano francese "Libération" pubblica un paginone dedicato alla questione dell'accoglienza in Europa dei migranti provenienti dalle zone di guerra a sud del Mar Mediterraneo. Tra gli altri, un articolo a firma di Michel Henry denuncia l'ignavia dei paesi dell'Unione Europea che, a fronte dell'Italia sovrastata dal fenomeno dell'immigrazione massiccia, sono recalcitranti davanti alla necessità di ripartirne l'onere dell'accoglienza.

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I greci stimano le riparazioni di guerra dovute dai tedeschi in 278 miliardi di euro

Berlino, 7 apr - (Agenzia Nova) - Secondo il vice-ministro delle Finanze greco, Dimitris Mardas, ammontano a 278,7 miliardi di euro le riparazioni di guerra dovute alla Grecia dalla Germania per i crimini commessi dal Nazionalsocialismo durante la Seconda guerra mondiale. Questa è la cifra stimata da una commissione parlamentare che si è occupata delle riparazioni, ha spiegato Mardas. La questione pesa da decenni sui rapporti tra Grecia e Germania. La somma complessiva richiesta da Atene a Berlino ammonta a 332 miliardi, di euro ma il governo tedesco ritiene che la faccenda sia conclusa sin dagli anni Novanta. A marzo il premier greco Alexis Tsipras aveva detto al Parlamento che grazie al lavoro della commissione parlamentare sarebbero state "onorate tutte le vittime della Seconda guerra mondiale e del Nazismo (…) così come quelle della Resistenza greca".

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Francia, "per il bene della laicità bisogna scristianizzare i giorni festivi"

Parigi, 7 apr - (Agenzia Nova) - La rivista "Le Nouvel Observateur" pubblica un articolo a favore della "scristianizzazione dei giorni festivi, per il bene della laicità dello Stato": I cittadini francesi di confessione cristiana, argomenta il contributo del politologo Thomas Guénolé, godono dei giorni festivi previsti dal calendario repubblicano ufficiale per festeggiare le loro principali ricorrenze religiose", una prova, secondo Guénolé, di come il principio di laicità dello Stato in Francia sia ancora a geometria variabile.

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Regno Unito: Cameron agli elettori dell'Ukip, è tempo di tornare a casa

Londra, 7 apr - (Agenzia Nova) - Il primo ministro del Regno Unito, David Cameron, sarà impegnato oggi in un tour-lampo nelle quattro nazioni costitutive: Scozia, Irlanda del Nord, Galles e Inghilterra. Il messaggio del premier, riferisce il quotidiano "The Guardian", sarà chiaro: solo i conservatori possono salvare il paese dallo "scenario da incubo" di un'alleanza post-elettorale, all'insegna dell'aumento delle tasse, tra il Labour e il Partito nazionale scozzese (Snp). Il leader Tory, intervistato da "The Telegraph", ha rivolto un appello esplicito agli elettori in fuga verso l'Ukip, il Partito per l'indipendenza del Regno Unito guidato da Nigel Farage, affinché tornino "a casa" e rinuncino a un voto di protesta.

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Nucleare Iran, la dottrina Obama

New York, 7 apr - (Agenzia Nova) - Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha concesso una lunga intervista all'opinionista del “New York Times” Thomas L. Friedman, come primo atto di una campagna politico-mediatica tesa a promuovere l'accordo di massima sul nucleare iraniano raggiunto in Svizzera la scorsa settimana. Friedman è stato convocato all'Ufficio ovale della Casa Bianca nella giornata di Sabato, dove il presidente ha spiegano come intende bilanciare “i rischi e le opportunità” dell'accordo. Dalle parole del presidente, scrive Friedman, “emerge con chiarezza una 'dottrina Obama', (…) un denominatore comune alle decisioni di porre fine alle lunghe politiche di isolamento nei confronti di Burma, Cuba e ora dell'Iran”. Obama spiega che in tutti e tre i casi, una politica di “coinvolgimento”, mitigata con la difesa delle “esigenze strategiche fondamentali” degli Usa, può servire gli interessi del paese più di quanto farebbero “le sanzioni e l'isolamento”. Secondo il titolare della Casa Bianca, “l'America (…) deve essere abbastanza fiduciosa da accettare una certa misura di rischio calcolato e aprire così nuove possibilità”: in questo quadro si inserisce, secondo il presidente, anche il controverso accordo con l'Iran, che pur consentendogli di “mantenere una parte delle sue infrastrutture”, “congela la sua capacità di assemblare una bomba nucleare per il prossimo decennio o più”. A chi contesta la pericolosità di un accordo con la Repubblica islamica, e sottolinea come la “fact sheet” diffusa dal governo di Washington – un documento che dovrebbe riassumere i punti chiave dell'accordo raggiunto la scorsa settimana – sia già stata contraddetta in diversi punti da Teheran, Obama risponde che “siamo abbastanza potenti da mettere alla prova questo accordo senza costringerci in una posizione di rischio. Questo è il punto che (…) la gente non sembra comprendere”. Cuba, ad esempio, “è una piccola isola. Non può minacciare in alcun modo i nostri interessi di sicurezza nazionale. E se dovesse risultare che (la recente apertura, ndr) non porta a risultati migliori, potremo sempre rivedere le nostre politiche. Lo stesso è vero per l'Iran: un paese grande, e pericoloso, che in passato è stato coinvolto in attività costate la vita a cittadini statunitensi. Eppure - afferma il presidente - la realtà dei numeri è che il bilancio della difesa iraniano è di 30 miliardi di dollari, mentre il nostro è vicino a 600 miliardi. Teheran sa di non poterci combattere”. La dottrina dell'amministrazione Obama, dunque “è questa: partecipiamo, ma mantenendo tutte le nostre capacità”. A Friedman non sfugge che Israele, storico alleato degli Usa, si trova in una situazione assai più precaria. Obama, però, accantona anche quest'obiezione: “Comprendo le perplessità (del premier israeliano Benjamin Netanyahu, ndr). (…) Ma quel che voglio dire a Israele è che non soltanto sono impegnato a mantenere il loro vantaggio militare in termini qualitativi, e a garantire che dispongano del deterrente contro qualsiasi attacco futuro; ma anche che mi esprimerò pubblicamente per chiarire all'Iran e a qualunque paese vicino che se Israele fosse attaccato da un qualunque altro Stato, noi saremmo al suo fianco”. Quanto all'Arabia Saudita e agli altri alleati arabi degli Usa, egualmente preoccupati del dialogo tra Washington e Teheran, le parole del presidente Usa paiono più un rimprovero che una rassicurazione: Riad e gli altri paesi sunniti “affrontano minacce esterne reali, ma anche e soprattutto interne; alcune popolazioni sono alienate, i giovani sono sottoccupati, e (diventano vittime di ndr) un'ideologia distruttiva e nichilistica”. Obama rivendica ancora una volta la scelta di perseguire la via del negoziato con l'Iran, e prescindere dall'entità delle concessioni a Teheran: “Non esiste alcuna formula od opzione più efficace dell'iniziativa diplomatica per prevenire la nuclearizzazione dell'Iran, e questo è dimostrabile”. Infine, il presidente guarda alle dinamiche interne del regime degli Ayatollah: va riconosciuto che la Repubblica islamica “è un paese complesso, come lo è il nostro. (…) Per il regime iraniano c'è però in ballo qualcosa di concreto. Sono preoccupati della loro auto-preservazione e, in parte, devono rispondere alla loro opinione pubblica. L'elezione di Hassan Rouhani (a presidente iraniano, ndr) dimostra che gli iraniani vogliono rientrare a far parte della comunità internazionale, danno importanza all'economia e vogliono riconnettersi all'economia globale”.

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