Park Geun-hye (foto LaPresse)

La presidente coreana è ufficialmente sotto impeachment

Giulia Pompili

[Aggiornamento di venerdì 9 dicembre alle 8:40] Nella notte l'Assemblea nazionale coreana ha votato per aprire il processo di impeachment nei confronti della presidente Park [leggi qui le accuse nei confronti della presidente]. L'impeachment è stato votato da 234 parlamentari, soltanto in 56 hanno votato contro la destituzione della presidente. Adesso i poteri  passano a Hwang Kyo-ahn in attesa che la Corte suprema decida sulla posizione della presidente Park - che resta sospesa, in attesa di giudizio"

 


  

Negli ultimi giorni in Corea del sud non si fa che parlare di capelli. Dei capelli della presidente Park Geun-hye, in particolare, e dei minuti esatti che ha utilizzato per farsi la messa in piega prima di mostrarsi in pubblico durante una tragedia indelebile nella storia del paese, ovvero l’affondamento del traghetto Sewol che il 16 aprile 2014 fece più di trecento morti. Oggi all’Assemblea nazionale si vota per l’impeachment, ma la Park è già politicamente fuori dai giochi, dopo lo scandalo che ha colpito la sua più cara collaboratrice e sciamana Choi soon-sil e il giglio magico (a questo punto, nel vero senso della parola). Con milioni di coreani ogni sabato in piazza a domandare le sue dimissioni, la famiglia lontana e gli amici in carcere, la (ancora per poco) presidente Park praticamente non dorme più, ha scritto in uno struggente articolo Choe Sang-Hun sul New York Times.

 

Shinzo Abe andrà a Pearl Harbor. Lo fa per ricambiare il favore a Barack Obama, che lo scorso agosto fu il primo presidente americano a visitare Hiroshima. E infatti la visita alle Hawaii è prevista per il 26-27 dicembre (prima dell’entrata in carica di Donald Trump). Ma è anche l’unico primo ministro giapponese che può permettersi di farlo: è apprezzato dai conservatori - che chiuderanno un occhio – e la visita al porto dell’attacco giapponese del 1945 gli permetterà di aumentare un po’ il suo consenso anche tra i progressisti (e forse chiamare le elezioni anticipate). Il segnale geopolitico, poi, è rivolto alla Cina: Washington e Tokyo sono più legate che mai. Da Pechino, scontenti, il ministro degli Esteri per bocca del portavoce Lu Kang ha fatto sapere che ci sarebbero molti luoghi anche in Cina che il premier giapponese dovrebbe visitare.

 

I premi Nobel per la Pace non sono sempre così pacifici. Il governo di Aung San Suu Kyi non ha nemmeno un anno, e non manca molto perché la comunità internazionale accusi il Myanmar di genocidio nei confronti della minoranza musulmana dei rohingya. Gli emigranti che nessuno vuole – che non vuole soprattutto il Myanmar – sono periodicamente massacrati, lasciati morire in mare, massacrati negli insediamenti dello stato Rakhine. Il primo ministro malesiano Najib Razak ha usato parole piuttosto dure contro la Signora dell’ex Birmania, accusandola di appoggiare il massacro perpetrato dalla maggioranza buddista. Qualche giorno fa a Channel News Asia, Aung San Suu Kyi ha detto che effettivamente tra i due gruppi non corre buon sangue e che il governo di Yangon “se ne occuperà”.

 

L’Indonesia laica sta combattendo una guerra complicata, in questi giorni. Ieri si è aperto il processo per blasfemia contro il governatore di Giacarta, Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama, cristiano e di origini cinesi che, in un paese a maggioranza musulmana, aveva detto di non fraintedere il Corano con la politica, o qualcosa del genere. Le frange più estremiste dell’Islamic Defenders Front hanno organizzato oceaniche manifestazioni contro Ahok, che però è sostenuto dalla maggioranza laica che crede sia un ottimo politico, a prescindere dalla fede.

 

A proposito di Prime alla Scala. “Madama Butterfly” è una delle opere liriche più famose e apprezzate in Asia. La prima giapponese a interpretare Cio Cio san fu Tamaki Miura nel 1915. C’è una sua statua al Glover Garden di Nagasaki. In Giappone, prima della guerra, Cio Cio san era considerata una donna corrotta dall’occidente, dopo la guerra molti musicisti nipponici si rifiutarono di mettere in scena l’opera per non “sponsorizzare le forze di occupazione” americane (Japan Times, 2005). Le critiche all’opera di Puccini, in Giappone, riguardavano lo stereotipo, la misoginia e il razzismo. La stessa Tamaki Miura scrisse nel 1912: “Vista con occhi giapponesi, la cultura e i costumi che sono rappresentati in quest’opera non sono solo estremamente strani ma piuttosto irritanti. Tuttavia, giudicando esclusivamente la musica, è comprensibile che abbia ricevuto consensi senza precedenti in Europa e in America”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.