Porn food, controversie storiche, Nobel chic (e molesti). Cosa bolle in Asia

Giulia Pompili

Dalla lobby della memoria a quella dello zucchero

    La storia e il revisionismo. In Giappone non si fa che parlare delle celebrazioni per il 70esimo della fine della Seconda guerra mondiale e la dichiarazione ufficiale che farà il primo ministro Shinzo Abe. Rinnoverà la formula usata già in passato, di scuse per  “i danni enormi e la sofferenza” causati ai popoli con il suo colonialismo, manifestando “sentimenti di profondo rimorso e sentite scuse”? Tutto fa pensare di no. Yohei Kono, ex parlamentare dello stesso partito di Abe e firmatario della famosa dichiarazione sulle scuse per le cosiddette “donne di conforto” sudcoreane (le donne sfruttate sessualmente dall’esercito giapponese durante la guerra) è in prima linea per cercare di convincere il primo ministro a non fare passi falsi: “Sono un politico di destra, ma non un conservatore”. Abe in primavera, durante la Golden week, sarà a Washington, e non sarà facile spiegare al presidente americano Barack Obama il revisionismo storico giapponese.

     

    Contro la possibile sferzata revisionista di Abe si è schierato anche il figlio della massima autorità giapponese: il principe Naruhito, erede al trono del Crisantemo, figlio dell’attuale imperatore Akihito. In occasione del suo 55esimo compleanno, ha detto: “Oggi che le memorie della guerra stanno per svanire, credo sia importante guardare al nostro passato con modestia e tramandare correttamente le esperienze terribili e il percorso storico del Giappone dalle generazioni che hanno conosciuto la guerra a quelle che non lo hanno fatto”.

    Con un editoriale sul quotidiano Sankei Shimbun, Ayako Sono, nota autrice giapponese, si è inserita nel dibattito sull’immigrazione e la bassa natalità giapponese. Un po’ maldestramente. Ha invitato infatti il Giappone a considerare l’apartheid sudafricana come un esempio virtuoso di convivenza, dividendo gli immigrati per etnia e farli vivere in ghetti.

     

    Un Frank Underwood giapponese. Il ministro dell’Agricoltura del governo di Shinzo Abe, Koya Nishikawa, si è dimesso dal suo incarico perché coinvolto in uno scandalo di fondi pubblici e mazzette. Il problema è che Nishikawa era l’uomo chiave nel negoziato del Giappone per il Trans-Pacific Partnership, nonché primo firmatario della rivoluzionaria riforma del settore agricolo giapponese. La sua amicizia con la lobby dei produttori dello zucchero potrebbe averlo affossato. L’opposizione del Partito democratico insorge e diserta le assemblee della Dieta. Nishikawa si è difeso non scusandosi, come si usa nella politica giapponese, ma dicendo: “Quelli che non capiscono non capiranno, non importa quanto bene venga spiegato loro”.

     

    Libertà di stampa. Una piccola casa editrice di Tokyo, la Dai-san Shokan, ha pubblicato in circa tremila copie un libro con le vignette di Charlie Hebdo, tutte tradotte in giapponese. La comunità musulmana giapponese aveva già protestato per la pubblicazione, da parte del Tokyo Shimbun, della copertina dell’ultimo numero del giornale satirico francese.

    Secondo l’intelligence di Seul, un diciottenne sudcoreano che era scomparso lo scorso mese in Turchia avrebbe aderito allo Stato islamico in Siria.

     

    Porno cotto e mangiato. La Corea del sud vive il suo momento d’oro con i siti di live-cam. Nuovi spazi per creare celebrità, alla maniera asiatica. Perché qui i broadcasting jockey (bjs) – quelli che si mettono davanti alla webcam – riempiono qualunque lacuna, compresa la solitudine. La nuova moda si chiama letteralmente pornografia da cibo, Muk-bang, in coreano una specie di trasmissione sul pasto. Accendi il computer, ti piazzi davanti il piatto, e premi play sul tuo personaggio preferito. Alcuni bjs, quelli più famosi, arrivano a guadagnare anche 9 mila dollari al mese.

     

    Gli amministratori di un broadcast jockey sudcoreano sono stati incriminati dalle autorità perché avrebbero usato, nei loro live stream in rete, delle rifugiate nordcoreane per produrre materiale pornografico. Le ragazze sarebbero state forzate a spogliarsi davanti a una webcam. Secondo NKnews, il sito di broadcasting avrebbe più di centomila abbonati e farebbe circa un milione di dollari di ricavi l’anno.

     

    La Corea del nord è sempre seconda. Stando all’ultimo sondaggio pubblicato dalla Gallup, l’87 per cento degli americani continua a considerare negativamente la Corea del nord, e solo il 9 per cento guarda con favore a Pyongyang. Un dato pressoché invariato dal 2002, cioè da quando George W. Bush nel discorso sullo Stato dell’unione ha citato la Corea del nord tra i paesi dell’Asse del male. Nel 2001 gli americani che guardavano con favore Pyongyang erano addirittura il 31 per cento. La Corea del nord comunque non è quasi mai il nemico numero uno, per lo più nemico numero due. Secondo il sondaggio di Gallup, nel 2015 la maggior parte degli americani considerano come principale nemico dell’America la Russia di Putin. Lo scorso anno era la Cina, nel 2012 l’Iran.

    Segnatevi questa data. Stati Uniti e Corea del sud inizieranno le consuete esercitazioni militari congiunte – “Key Resolve and Foal Eagle” – il prossimo 2 marzo. Ogni anno, in questo periodo, le tensioni e le minacce di Pyongyang aumentano.

     

    Nobel, clima e molestie. Rajendra Pachauri, 74 anni, presidente del Comitato delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici (Ipcc), si è dimesso. Motivo? Una giovane ricercatrice di Nuova Delhi lo ha accusato di molestie sessuali: per ora non è stato arrestato ma tra pochi giorni dovrà comparire davanti ai giudici. Nel 2007, per l’opera compiuta alla guida dell’Ipcc, fu insignito a Stoccolma del Premio nobel per la Pace.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.