Perché è grave se sugli ulivi malati si schierano cabarettisti e cantanti

Luciano Capone
“Io ascolto i cantanti quando cantano, sono un amante della musica, ma non mi metto a fare il karaoke in piazza perché sono stonato. Chi non è del mestiere non dovrebbe pontificare su cose campate in aria”. Xylella, un nuovo caso stamina? Parla Boscia (Cnr).

Milano. In Salento c’è un’emergenza ulivi. Le piante sono state contagiate dalla Xylella fastidiosa, un batterio sconosciuto in Europa che insieme ad altri fattori è la causa del “Complesso del disseccamento rapido dell’Olivo”. Il danno è gravissimo dal punto di vista economico, storico, culturale e paesaggistico, visto che la Puglia è popolata da milioni di alberi d’ulivo che in gran parte sono secolari se non millenari. Allo stato attuale non c’è una cura e siccome si tratta di un patogeno da quarantena, l’Unione europea per evitare che il contagio si espanda nel continente spinge per la soluzione più drastica: l’espianto degli ulivi malati. La vicenda ha avuto una grande eco mediatica, soprattutto per l’interessamento di alcuni vip che però l’hanno trasformata nella solita macchietta. Sabina Guzzanti e Nandu Popu, il cantante dei Sud Sound System, hanno gridato al complotto di una multinazionale americana, poi è partita una mobilitazione in “stile Stamina” con selfie via social di attori, calciatori e cantanti per evitare l’eradicazione, ricorsi al tar e manifestazioni di piazza al grido “la xylella è innocua”, scienziati improvvisati che curano le piante con “acqua informatizzata” omeopatica, mucolitici per la tosse o con i “vecchi metodi di una volta” e infine le Iene che intervistano Caparezza e Al Bano: “I contadini ne sanno più degli scienziati”.

 

“Io ascolto i cantanti quando cantano, sono un amante della musica, ma non mi metto a fare il karaoke in piazza perché sono stonato. Chi non è del mestiere non dovrebbe pontificare su cose campate in aria”, dice al Foglio Donato Boscia, di mestiere scienziato, esperto di virologia vegetale, che per il Cnr ha seguito la Xylella dall’inizio. “Gli agricoltori sono coscienti di avere a che fare con un problema senza precedenti – dice Boscia – e la loro reazione passa dalla rassegnazione alla rabbia fino al disorientamento per le tante teorie di chi non ha competenze”. Il ricercatore del Cnr respinge le accuse di chi dice che non si è fatto nulla: “Quando il batterio è comparso eravamo al buio. In un anno e mezzo un manipolo di ricercatori con pochi mezzi ha fatto la diagnosi, ha caratterizzato geneticamente il batterio, ha sequenziato il genoma completo di questo ceppo, ha individuato con certezza il vettore principale  (l’insetto che trasporta il batterio, ndr)…”. La lista continua e bisogna fermarlo. Diversi agronomi dicono che le cure tradizionali sono efficaci e che la Xylella non c’entra con la malattia: “Io parlo solo di cose fondate e che conosco – dice il ricercatore – il batterio è sicuramente coinvolto con il disseccamento e al momento non ci sono terapie, le sperimentazioni sono una speranze, ma negli Stati Uniti in 130 anni non sono riusciti a trovare una cura. Per ora possiamo solo alleviare i sintomi e contenere la diffusione del contagio”.

 

[**Video_box_2**]Questo è il tema che preoccupa di più, il rischio diffusione è alla base del piano di eradicazione. Il Salento è bagnato per tre lati dal mare, ma se la xylella dovesse “malauguratamente superare la linea Maginot a nord diventerebbe incontenibile, quindi per ora gli abbattimenti non sono indiscriminati ma solo nelle zone di espansione”. Da questo punto di vista le alternative sono poche, anche perché si tratta di un patogeno da quarantena: “La normativa fitosanitaria prevede che il focolaio di questo patogeno pericolosissimo deve essere eradicato, anche perché il rischio è che in futuro si modifichi e attacchi altre piante. L’Europa attraverso l’Efsa nella sua valutazione del rischio ha rivoltato come un calzino tutta la letteratura scientifica: siamo di fronte a un organismo ad alta variabilità genetica che può infettare oltre 300 specie diverse, questo ceppo ne può colpire circa 15 ma in futuro può mutare”. Cosa pensa da pugliese e da ricercatore rispetto all’ipotesi di eradicare gli ulivi? “Siamo di fronte a un problema grave – conclude Boscia – che va affrontato con la testa e non con la pancia, le reazioni emotive non portano a nulla. Le prime piante infettate sono diventate totalmente improduttive e non si vedono cure all’orizzonte, se razionalmente l’estirpazione di piante destinate a morire serve a salvare quelle sane, non ho dubbi su cosa fare”.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali