Quando mi sono trasferito in un'università americana nel 1993 (ma sembra martedì scorso) avevo la predisposizione britannica a deridere la serietà degli americani”, scrive Simon Kuper sul Financial Times: “All'epoca cercavo degli esempi assurdi di una nuova moda chiamata ‘politicamente corretto' (PC). Sorprendente, ho scoperto che mi piaceva il PC americano. I miei amici statunitensi erano divertenti e non facevano delle battute etniche o sessiste per apparire ironici. Il politicamente corretto si è evoluto sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti. Il Regno Unito, e il resto dell'Europa occidentale, sono diventati qualcosa di simile all'America del 1993. Nel frattempo, negli ambienti liberal statunitensi il politicamente corretto si è trasformato in una forma di repressione della libertà di espressione. Questa tendenza si estende ben oltre i mondi dell'accademia, del giornalismo e dell'editoria, e potrebbe avere aiutato Donald Trump a vincere le elezioni. Il dibattito americano è segnato da tante piccole guerre culturali che riguardano la libertà di espressione. L'ultima polemica riguarda il romanzo American Dirt di Jeanine Cummins che racconta la fuga dei messicani verso gli Stati Uniti. La scrittrice è stata denunciata di ‘appropriazione culturale'. I detrattori l'hanno accusata di avere fornito uno stereotipo dei messicani, affermando che una donna bianca non ha il diritto di raccontare una cultura diversa dalla sua.
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