Anna Wiener è la lavoratrice precaria e malpagata di una casa editrice di New York e vive una vita fatta di stimoli culturali e insoddisfazioni professionali quando decide di cambiare tutto: manda il curriculum a una startup di San Francisco che si occupa di libri, viene assunta, si trasferisce nella costa ovest e si immerge nella paradossale e feroce cultura della Silicon Valley. “Uncanny Valley” è il memoir degli anni di Wiener in Silicon Valley, trascorsi da persona aliena alla cultura delle startup (donna e femminista in un mondo di maschi machisti, di qualche anno più anziana dei ceo ventenni, con una formazione umanistica e una carriera newyorchese) e al tempo stesso attratta da essa, dal suo idealismo posticcio, dall'informalità, dal linguaggio gergale, dagli stipendi altissimi. “Uncanny Valley” non racconta niente che già non sappiamo di quanto la Silicon Valley sia l'esatto contrario dell'utopia tecnologica che crede di essere. Ma lo racconta meglio di chiunque altro, con l'occhio scettico di chi si è lasciato conquistare senza volerlo.
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