La chiamano per eccesso quarantena. Non sembra così difficile né dannosa

    Molto attuale Pascal, tutta l'infelicità dell'uomo deriva dal non sapersene stare solo nella propria stanza. Al mio baretto cinese di Testaccio, zona salesiana, signore in età vanno e vengono anche se non parlano necessariamente di Michelangelo, più quotati il guanciale la pupa e le malattie. La vita è fatta così, in particolare la vita moderna, amabile e fatua. La tua stanza è il tuo incubo, la tua prigione. La felicità è giracchiare, chiacchierare, e chissenefrega di Heidegger e della sua Hutte nella Foresta nera, chissenefrega del telelavoro, chissenefrega della universale connessione da remoto. Comprendo. Comprendo anche l'ansia di ripartire, difendere il turismo, il lavoro, l'export, la cultura o il consumo culturale, il pil, gli investimenti, lavoro guadagno pago pretendo. Quello che in Pascal era giansenismo metafisico, segnalato come qualcosa di sinistro già ai tempi di Sainte-Beuve, ora può essere tacciato di snobismo. Ma la sua diagnosi riacquista un contenuto di semplicità, dunque di verità essenziale e genericamente umana, nel momento in cui il chief advisor medico della Lombardia, Vittorio Demicheli, ci mette di fronte a un paradigma matematico sul contagio di qualcosa che sarà pure una banale influenza, ma non per tutti, e che sarà pure una paura con la quale imparare a convivere è indispensabile, ma non è facile.