LA GLOBALIZZAZIONE E' IL VACCINO

Giuseppe De Filippi

    L'economia di mercato con un alto grado di libertà per l'iniziativa imprenditoriale è, tra quelli disponibili, il migliore meccanismo – adesso la parola di moda è algoritmo – per gestire il cambiamento, per far progredire una società. I dirigenti cinesi hanno cominciato a familiarizzare con questa idea almeno dalla fine degli anni Settanta e, con le loro peculiari necessità (eufemismo), la hanno applicata con sempre maggiore convinzione. Non sono diventati liberali, tutt'altro, ma hanno testimoniato un fatto storico e tutto sommato banale, e cioè che il liberalismo economico funziona mentre il socialismo pianificato no, e hanno cominciato a far salire di scala il vecchio metodo dell'imitazione. Dalle copie di singoli prodotti, che davano ovviamente risultati scadenti e creavano un'immagine imbarazzante, alla copia dei processi produttivi (smonto una fabbrica di un paese capitalista e la porto qui o tento di riprodurla uguale), un passo ancora non sufficiente e figlio di una visione riduttiva della complessità di una società industriale, fino a cominciare, sia pure con molta gradualità, a riprodurre, copiandone le impalcature relazionali e il sistema dei prezzi come diffusore di segnali, il motore dell'economia capitalista e quindi lo stesso meccanismo attraverso il quale il mercato dà le informazioni con cui le aziende possono prendere le decisioni di investimento (sbagliando spesso ma realizzando anche successi, il mercato accetta e anzi esalta questa visione probabilistica, pluralista e fallibile del processo decisionale d'impresa, quindi non teme i fallimenti, anzi ne fa uno dei suoi punti di forza).

    Questo processo di innesto del flusso di informazioni necessarie per le imprese (non solo i prezzi ma anche tutte le altre, comprese quelle statistiche e quelle che riguardano previsioni e aspettative e, come si vede in questi giorni, quelle che riguardano ad esempio i rischi sanitari) in un sistema rigido e burocraticamente controllato ha appassionato e continua a interessare moltissimi studiosi e in questi giorni viene messo nuovamente alla prova da un'esperienza drammatica e travolgente come la scoperta e poi la constatazione della diffusione epidemica del nuovo coronavirus.

    I piani sui quali gli effetti saranno visibili sono tre. C'è un piano politico, con possibile redistribuzione del potere, questione da super esperti che qui si può solo tratteggiare. C'è un piano economico interno, sul quale vengono quindi rappresentate le necessità di risposta immediata e di riorganizzazione futura da parte del sistema produttivo localizzato in Cina, fortemente integrato con il mondo (è il luogo in cui avviene l'importazione delle informazioni dai sistemi di mercato liberale e dalle società aperte in cui i consumatori hanno dettato, ad esempio, il successo degli smartphone spingendo le aziende cinesi a inserirsi nella corsa industriale mondiale su quella filiera di prodotti, ed è anche il luogo in cui avviene l'importazione degli input regolatori a livello mondiale, per cui ad esempio l'industria cinese dell'automotive si è concentrata, creando anche quella che sembra una bolla, sulla mobilità elettrica). E c'è un piano economico esterno, nel quale si devono fare i conti con il rischio di dover reimpostare varie catene produttive almeno per i tre mesi a venire, secondo lo scenario più ottimistico (non troppo lontano quello immaginato da Standard & Poor's che fissa nel secondo trimestre di quest'anno l'avvio della ripresa dell'attività produttiva).

    Si è detto ma vale la pena di ripeterlo che, malgrado l'esperienza della Sars, le autorità cinesi non hanno capito fino in fondo (o non hanno potuto realizzare quello che avevano capito) quanto la circolazione delle informazioni sia un elemento fondante del modello economico da cui vogliono trarre vantaggi, quello di mercato, e che perciò, una volta accettata la partecipazione all'economia integrata mondiale, la circolazione libera delle informazioni deve riguardare, almeno per cose essenziali, anche la propria situazione interna. E che quindi mettere la sordina alla diffusione di notizie particolarmente rilevanti come quelle sui sospetti riguardo al nuovo virus nei primi giorni in cui si manifestava è un fatto grave dal punto di vista della sanità pubblica ed è anche un errore che proprio il mercato mondiale integrato non può perdonare. Non sono solo gli schemi rigidi a contare, gli elementi fiduciari sono altrettanto importanti. E tra questi c'è sicuramente la trasparenza su notizie in grado di influenzare l'andamento dei flussi commerciali e dei mercati finanziari.

    Rispetto alla crisi della Sars, è stato osservato da molti, la quantità e qualità delle informazioni diffuse è aumentata. E riandando indietro si può vedere come tutto il processo di adozione delle modalità di funzionamento proprie del mercato sia stato graduale, come ogni volta (dall'apertura dei mercati finanziari all'introduzione di una moderna regolazione, dall'accettazione degli investitori esteri in quote di controllo all'applicazione di decenti criteri civilistici) si sia trattato di progressi faticosi, incompleti, realizzati sbattendo contro resistenze locali.