
Il mercato ha rotto il silenzio
Questa volta si sono viste all'opera sia le forze che tendono a una maggiore trasparenza sia quelle che tentano di nascondere. Con una leggera prevalenza delle prime
In questa occasione si sono viste all'opera entrambe le forze, sia quelle che spingono verso maggiore trasparenza sia quelle che hanno tentato di nascondere e conservare le cattive abitudini, con una leggera prevalenza delle prime. Gli stessi mercati azionari, anche grazie alla chiusura per il capodanno cinese, hanno reagito in modo sufficientemente informato e con modalità tipiche di piazze finanziarie mature. C'è stato un calo molto marcato a caldo, ma senza arrivare a situazioni di panico, e poi progressivamente piccoli recuperi. Cioè si è assistito al classico intreccio tra operazioni opportunistiche, movimenti automatici dettati dagli algoritmi e scelte basate su aspettative razionali. Nient'altro, insomma, che il normale mix delle forze che muovono i mercati finanziari.
Vale la pena ripercorrere il parallelo con la (scarsissima) trasparenza registrata con l'esplosione dell'epidemia poi definita come Sars. Allora passò esattamente un anno dal primo caso accertato fino al riconoscimento pubblico del problema. Nel novembre 2001 i primi casi a Foshan, nel Guanddong, mentre la notizia veniva diffusa con ufficialità nel novembre 2002 e solo perché i dati a disposizione dell'Organizzazione mondiale della sanità erano diventati, come dire, chiari ed espliciti per conto loro, mostrando senza equivoci l'esistenza di un picco di infezioni respiratorie al quale andava data una spiegazione. Le vittime ufficialmente attribuite all'azione della Sars furono 774, con l'epidemia dichiarata conclusa nel luglio del 2003. Le cifre sul tasso di mortalità dell'infezione lasciano qualche dubbio residuale sulla completa diffusione dei dati da parte delle autorità cinesi, perché negli altri paesi coinvolti si ebbero tassi tra un minimo del 10,7 per cento a Taiwan fino a un massimo del 17,1 per cento in Canada mentre in Cina il tasso di mortalità si fermò al 9,6 per cento (altro confronto, con un'area fortemente integrata, è quello con Hong Kong, dove venne registrata una mortalità per Sars del 17 per cento).
Questa volta i tempi di attivazione delle procedure straordinarie e, prima, i tempi di diffusione delle notizie ufficiali, sono stati ben minori, anche se non ancora aderenti ai migliori standard internazionali. Ci sono stati giorni evidentemente di grande concitazione e le autorità si sono mosse lungo direttrici palesemente contraddittorie. Il 31 dicembre vengono diffuse le prime notizie ufficiali su casi sospetti di infezioni respiratorie, ma il primo gennaio si viene a sapere che 8 persone sono state punite per aver parlato del rischio di un ritorno della Sars proprio nella zona di Wuhan. Insomma, entrambi, sia le autorità sia le persone che segnalavano il nuovo rischio, avevano informazioni incomplete ed entrambi avevano una conoscenza limitata e affetta da errori della reale situazione. Tuttavia qualcosa si stava muovendo. Ma devono passare altri venti giorni per avere l'ammissione ufficiale del rischio di trasmissione da umano a umano del nuovo virus e la stessa indicazione delle sue caratteristiche e del grado di rischio potenziale sulla salute dei contagiati. I tempi, a voler essere burocratici, sono stati tagliati di 11 mesi rispetto alla crisi del 2001-2002. Si direbbe un altro mondo, anche se siamo ancora lontani, come si diceva, dalla piena correttezza dei comportamenti e anche se restano dubbi sulla data dei primi contagi, la cui decorrenza potrebbe in realtà andare un po' indietro nel calendario.
Il resto sta avvenendo in questi giorni sotto i nostri occhi, dall'isolamento del virus alla nuova diffusione di notizie non verificate, questa volta a proposito degli effetti di alcuni farmaci antivirali già in produzione (usati per contrastare altri virus o retrovirus). E' possibile che abbiano qualche effetto e infatti sono stati gli stessi medici dell'ospedale Spallanzani di Roma a somministrarli alla coppia cinese ricoverata in condizioni di massima sicurezza. Per le conseguenze sull'economia e sulla filiera integrata mondiale della produzione ha però un particolare rilievo la maggiore reattività dimostrata in questa occasione da parte del governo e delle autorità sanitarie cinesi, anche se, a ridurre un po' la portata di questo riconoscimento, va detto che il mondo del 2001 era molto meno unificato dai flussi informativi e commerciali di quanto sia il mondo di oggi, e quindi la tentazione di tenere tutto nascosto nel 2001 poteva avere spazio e i dirigenti politici potevano ritenere di avere la possibilità concreta di farla franca, contando, di mese in mese e per un intero anno, sull'estinzione autonoma dell'ondata virale.
Quella strategia, che probabilmente ha tentato qualcuno anche questa volta, è stata messa fuori gioco dalle stesse condizioni di integrazione, quindi, si potrebbe dire, è stato lo stesso mercato a imporre la trasparenza grazie alla quale può progredire. Il mercato, però, si riorganizza anche lungo direttrici proprie. Prima di tutto gli operatori cercano di orientarsi rispetto alle aspettative. Diventano quindi particolarmente rilevanti le stime sulla durata dell'epidemia, sulle quali le evidenze del passato possono essere fortemente di aiuto. Le indicazioni prevalenti sono due. Una è di parte cinese e fissa il picco previsto nella settimana della festa delle lanterne, quindi nei giorni attorno al 10 febbraio. Si tratterebbe insomma proprio di questi giorni, ma c'è un sospetto di recidiva nel cercare di minimizzare e circoscrivere il problema. Le autorità internazionali non pongono invece ancora una data da cui avviare il rientro del pericolo di infezione, ma vedono la possibilità di mantenimento della condizione di emergenza, con tutte le misure necessarie, fino a primavera inoltrata. Si capisce che sono scenari completamente diversi.
Chi ha vissuto l'epidemia di Sars e già allora si occupava di servizi per le attività commerciali tra il resto del mondo e la Cina, dove proprio in quegli anni si cominciava a consolidare il processo che ne avrebbe fatto la manifattura del mondo, ricorda bene che in quell'occasione i tempi di recupero della piena operatività economica furono piuttosto rapidi. Con un'interruzione dei rapporti contenuta nel giro di due mesi, un intervallo compatibile col mantenimento di gran parte dei contratti di fornitura. A soffrire furono, e ora sta succedendo lo stesso, solo i contratti per forniture just in time, per le quali è dirimente il rispetto assoluto dei tempi di consegna. Diversi contratti sono già stati annullati anche in questi giorni. Ma il mercato, attraverso sistemi assicurativi o semplicemente scontando questi rischi nei prezzi, è già tutelato rispetto al mancato rispetto delle consegne just in time, per le quali i motivi di cancellazione possono essere tanti e quindi il nuovo virus viene solo ad aggiungersi alla casistica ordinaria di ragioni per cui quel tipo di forniture può saltare. Diverso è il caso della produzione integrata, cioè delle grandi filiere produttive che attingono a fornitori, ciascuno per una parte del prodotto finito, da diverse parti del mondo, tra cui la Cina con sempre maggiore rilievo.
Mario Zen, cognome veneto anche se dal suono asiatico, ha un'azienda di servizi specializzata nei rapporti con la Cina. C'era ai tempi della Sars e c'è adesso. E' lui a riferirci di come il mondo si organizzò allora, riuscendo a superare il periodo di fermo delle relazioni commerciali, anche perché, come si diceva, non fu superiore a due mesi o poco più. Con un semplice stop delle consegne e una ripresa, inizialmente a ritmi accelerati, con cui si riuscì a recuperare in pieno il ritardo nei prodotto finali. Ora, ci dice, da quella lezione si è anche imparato ad avere una maggiore capacità di tenuta rispetto a fermi produttivi grazie a una migliore gestione di scorte e magazzini e a una migliore differenziazione delle fonti di approvvigionamento. Ci riferisce, certo, di suoi clienti – è il caso di un contratto chiuso tempo fa per una consegna just in time in Austria – per i quali si è dovuta annullare la fornitura, facendo saltare pagamenti e contratti. Ma per gli altri casi si sono attivati quei cuscinetti logistici creati proprio dopo l'esperienza della Sars.
Certo, la tenuta del sistema è a tempo. Il persistente stato di crisi epidemica fino alla tarda primavera farebbe saltare alcune catene produttive. Sono le notizie di questi giorni. In Italia c'è stata una speciale attenzione per le parole di Mike Manley, Ceo di Fca, che ha parlato di possibile imminente sospensione delle attività in uno stabilimento europeo del gruppo.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
