Al debito chi ci pensa? Appello per una solida discontinuità economica
Al direttore - Non interveniamo sul quadro politico perché riteniamo tuttora che sia la Lega sia i grillini sono due problemi molto seri per la democrazia nel nostro paese. Quello che però oggi ci preoccupa è il quadro economico; da un lato i leghisti, dall'altro lato il Pd e il Movimento 5 stelle hanno rimosso il problema del debito come se questo macigno non bloccasse la crescita e non creasse problemi immediati e futuri per ciò che riguarda la credibilità sul piano internazionale del nostro sistema. Certo, con il governo gialloverde c'era un problema gravissimo. Le dichiarazioni irresponsabili di Salvini sulla sua intenzione di non voler rispettare alcun parametro europeo e quelle ancora più irresponsabili sull'uscita dall'euro dei presidenti delle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato Borghi e Bagnai stavano mettendo in atto una deriva che, partendo dall'aumento dello spread, ci stava portando fuori dalla moneta europea con conseguenze disastrose. Fortunatamente lo stesso Salvini l'8 agosto ha buttato per aria quel governo nel quale faceva il buono e il cattivo tempo. Certamente l'attuale governo giallo-rosso ha il merito di aver introdotto qualche elemento di razionalità e di aver stabilito i rapporti minimi con l'Europa. Come dimostrano però i dati Istat, ma non solo essi, non solo la situazione economica non è risanata, ma essa presenta aspetti molto pericolosi. Anche per questo governo il problema del debito non esiste, ma si tratta di una rimozione assai pericolosa. Almeno partendo da essa e dal fatto che non si vuole neanche rimodulare l'Iva assumendo ogni anno l'onere di circa 20 miliardi con conseguenti balzelli qualora questo governo avesse fatto la scelta di bloccare le due spese assistenziali di quello precedente, reddito di cittadinanza e quota 100, concentrando i 20 miliardi “così liberati” in due sole voci, la riduzione della pressione fiscale sulle imprese e una ripresa degli investimenti pubblici in infrastrutture, si sarebbe fatta una scelta rischiosa ma in senso positivo, che avrebbe potuto rimettere in moto un circolo virtuoso: più crescita, più investimenti, più produttività, più occupazione, un po' più di salari. Da lì si sarebbe anche potuto cominciare a ridurre di qualche frazione il debito. Invece nulla di tutto questo. Il Pd ha accettato la continuità con gli aspetti più negativi della politica economica del precedente governo. Di qui una disastrosa sommatoria: circa 20 miliardi per l'Iva, altri 20 per reddito di cittadinanza e quota 100, bonus a gogo per fare “socialità”, uno sminuzzato aumento di tasse e balzelli, altri 400 milioni per l'Alitalia, niente investimenti in infrastrutture con la conseguenza di più 120.000 aziende fallite in 8 anni. A tutto ciò dovremo aggiungere le conseguenze deflattive per ragioni sanitarie. Guai a noi se non si inverte la tendenza e anzi se si ritiene, magari in seguito al risultato dell'Emilia-Romagna, che bisogna solo moltiplicare i bonus e fare una riduzione generalizzata dell'Irpef. Il rischio che corriamo è quello di trovarci di fronte a seri problemi con l'Unione europea, neanche derivanti da una sua particolare visione restrittiva, e l'invio della troika per sistemare i conti. Non è nascondendo i problemi sotto il tappeto che essi si risolvono da soli. Il fatto che al recente convegno della Confindustria sul debito con una relazione tecnica di alto livello come quella di Giampaolo Galli non fossero presenti né nessun esponente del governo, né alcun parlamentare di maggioranza o di opposizione, dimostra che Salvini, i grillini, larga parte del Pd vogliono essere lasciati liberi di continuare lo scontro politico in termini del tutto demagogici non facendo per niente i conti né con il debito pubblico, né con gli investimenti infrastrutturali, né con la riduzione della pressione fiscale sulle imprese, né con l'eliminazione delle varie forme di assistenzialismo.
Fabrizio Cicchitto ed Ercole Incalza


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