COME SI BATTE SALVINI
Si può battere Matteo Salvini? Si può sconfiggere sul piano politico, delle idee e del consenso ciò che il leader leghista, l'ex vicepremier e ministro dell'Interno rappresenta? L'Emilia-Romagna, nella sua appannata identità di regione rossa, ha dimostrato che è possibile. La Calabria, nel rimescolamento delle forze del centrodestra, anche. Ma i numeri, pur nell'evanescenza dei sondaggi e nella memoria del voto europeo, dicono che, anche dall'opposizione, è ancora pesante la cappa del sovranismo populista sul paese. E l'ex Truce non perde occasione che gli si presenti, al citofono di una periferia bolognese o davanti a un'emergenza sanitaria, per dare il peggio di sé. Alternative, politiche e strategie per voltare pagina, in questo girotondo di opinioni.
Opere pubbliche e buona amministrazione
Un po' di repulsione ai pieni poteri, alla trucezza e all'uso sistematico della violazione di legge a fini propagandistici ci vuole. E l'Emilia-Romagna lo ha dimostrato. Ma non basta. Matteo Salvini vive politicamente in un mondo di sua invenzione piccolo, polarizzato, non continuo. La piccolezza è rappresentata da uno spazio in cui bastano pochi passi per trovare gli “spacciatori”, identificarli e fare la “lotta alla droga”. La non-continuità serve per isolare ogni pezzettino del racconto e farne un bersaglio o uno strumento, che in un mondo con relazioni e interazioni fitte, cioè nel mondo reale, sarebbe molto più difficile. La polarizzazione ha lo stesso scopo, ma permette di raggiungerlo scaricando paura e rabbia su alcuni tipi umani e politici. Su quel terreno è inutile tentare di contrastare il salvinismo, ed è pericoloso perfino ingaggiarlo, basta lo sberleffo della piazza coi pesci di carta. Servirà anche altro e, accordi regionali o no, si dovrà agire in uno schema tornato bipolare (con terzo incomodo in ritirata ma esistente) reso più complesso da un probabile voto proporzionale. Il governo ha un bonus economico-finanziario grazie allo spread in calo, può usarlo per favorire un po' di ripresa. Non servono idee complesse, ma forse ci vuole un po' di ascolto del mondo produttivo e bisogna continuare a credere in una revisione coraggiosa delle regole previdenziali e impegnarsi nel riordino dell'Irpef, occasione davvero eccezionale. Servono le opere pubbliche (fate il passante di Firenze dell'alta velocità e la linea Napoli-Bari e vedrete) e un migliore uso dei fondi europei. Semplici e buone pratiche amministrative possono diventare vicende esemplari, si tratta solo di portarle a termine e poi di raccontarlo. Servono accordi europei, a prova di narrazione sovranista. Il governo è una cosa, la sfida delle urne sarà un'altra cosa. Il proporzionale, molto probabile, e il voto per un parlamento rimpicciolito potrebbero cambiare molte cose. Ma con qualche risultato potrebbe affiancarsi alla repulsione almeno un po' di concreta speranza.
Giuseppe De Filippi
Una scorpacciata di Jonathan Swift
I libri non cambiano la vita, chi ne ha letto più di uno lo sa. Figuriamoci se cambiano il mondo, che tende a svicolare per conto suo (e probabilmente lo farà anche quando tutti cominceranno a bere dalla borraccia: se ne regalano tante da farne collezione, e nessuna – fateci caso – comoda per l'uso a cui sarebbe destinata).
Contro l'uomo che sussurrava alle salamelle (gran classico alle Feste dell'Unità, quando esistevano) servirebbe una scorpacciata di Jonathan Swift. Il reverendo che suggeriva di dare in pasto agli inglesi i bambini irlandesi – in umido, bolliti, o in fricassea – onde risolvere in un sol colpo sovrappopolazione e miseria (che allora erano sciagure del nord). Lo scrittore che mandò Gulliver in giro per un mondo immaginario, così da ridicolizzare i vizi dei politici e dei regnanti a lui contemporanei (compresa la regina Anna, che gli aveva negato un vitalizio: neanche lui era esente da ripicche, per questo lo abbiamo ancor più caro). Il genio che nella “Favola della botte” finisce il lavoro satireggiando la chiesa – d'Inghilterra e no – e gli intellettuali.
Forse non servirà a far sparire l'uomo del mojito (a proposito: è ancora di moda la menta pestata o lo fanno solo nei bagni per famiglie?). Di certo renderà il fronte contro Salvini più simpatico e frequentabile. Perché anche l'orecchio – in buona compagnia con l'intelligenza e con lo spirito – vuole la sua parte. E non se ne può più di certe frasi con le stesse dieci parole che si rincorrono, beninteso tutte astratte, ripetute a macchinetta. Non se ne può più del passatismo che dà la colpa a Amazon se le librerie chiudono, o a Netflix se chiudono i cinema (in agguato c'è il dentista senza anestesia, lì vi vogliamo).
Non serve neanche Swift – basterebbe aver superato i 14 anni – per non ripetere l'infantile giochetto che riunisce il fronte in caso di grave pericolo, ma appena si ottiene qualcosa – come nelle bande di rapinatori – cominciano i litigi per spartirlo. Vale anche per la smania di impallinare chiunque abbia qualche dote.
Mariarosa Mancuso
Cercare un terreno di scontro diverso dal suo
Il dibattito su come sconfiggere la destra nazionalista, sovranista o salvinista che dir si voglia, da che mondo è mondo, ruota attorno a un'alternativa secca: accettare lo scontro sul suo terreno o cercarsene un altro. La prima soluzione è quella che potremmo chiamare la via omeopatica, sia nel senso che pretende di utilizzare lo stesso principio attivo del nemico contro cui combatte, sia nel senso che non serve a niente (a che serve vincere, si potrebbe dire infatti con un piccolo sforzo di astrazione, se poi lasci intatti tutti i provvedimenti bandiera dello sconfitto?).


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