Bologna. “Nebbia sulla Manica. Il Continente è isolato”. Si racconta che questo fosse un titolo del Times a testimonianza della centralità che i sudditi di sua maestà britannica attribuiscono alla loro isola. Mi è sempre tornata in mente questa frase ogni volta che sentivo dire che la consultazione elettorale in Emilia-Romagna costituiva un voto locale. Il mio grande amico Michele Magno cita sempre una considerazione di Jacques Delors: è meglio perdere un'elezione piuttosto che l'anima. Ecco. Una sconfitta della sinistra e, in particolare, del Pd, nella regione “rossa” sarebbe stata di quelle che dannano l'anima di una forza politica a scontare anni di purgatorio. E il governo Conte 2 avrebbe fatto la figura di quei personaggi tragici di Peter Bruegel che si aiutano a convivere con i loro handicap: come il cieco che porta sulle spalle il paralitico. Inciderà questo risultato sul governo? In verità in queste elezioni il governo non ha toccato palla (salvo inviare, seminascosto, qualche ministro o qualche esponente della maggioranza). Chi afferma che vi è stato un referendum sull'esecutivo sbaglia di grosso perché nessuno nell'ambito della coalizione vittoriosa si è preso la briga di sostenere e di riconoscersi nel Conte 2. Bonaccini non avrebbe potuto fare una campagna elettorale diversa dal “giocare in casa”. Non aveva la forza né il ruolo per contrastare la campagna di carattere nazionale imposta da Salvini. Il governatore aveva dalla sua parte una diffusa e bipartisan disistima per Borgonzoni. Alla fine questo elemento ha contato nel voto. Ma questo risultato non era scontato. Il Capitano, resosi conto dell'insussistenza della propria candidata, ha preso in mano la situazione e ha spinto l'acceleratore sul versante nazionale. Dopo avere detto nei suoi comizi a strascico quattro parole sulla “liberazione” della regione oppressa senza avventurarsi a criticarne l'azione di governo, Salvini virava subito sui temi a lui cari perché considerava la vittoria in Emilia-Romagna un passaggio decisivo di una strategia che potesse consentirgli, al più presto, di suonare al citofono di Palazzo Chigi. E qui Bonaccini si è trovato in difficoltà: sul fronte nazionale era scoperto e non poteva cambiare spartito. E' a questo punto che è divenuto fondamentale il ruolo delle “sardine” che si sono assunte il compito di coprire l'ala disarmata dello schieramento di Bonaccini: attaccare il Capitano per quello che rappresenta. Non hanno avuto paura di assumere su di sé i temi che, anche nel Pd, suggerivano cautela; hanno sventolato, senza se e senza ma, le bandiere della Ue; hanno saputo sconfessare lo stereotipo della condizione giovanile, il luogo comune imposto dai media al Paese. Non una parola, non un cartello, non l'effige di una sardina, tagliata nel cartone, a denunciare il precariato, le pensioni del ministro Fornero, il Jobs act, la manomissione dell'articolo 18. Questa linea di condotta delle “sardine” è stata osservata con sospetto anche da settori della sinistra, che si rifiutano di prendere in considerazione il protofascismo del leader della Lega. Si è dimostrato, invece, che per vincere bisogna dire a Salvini quel che si merita. Da segnalare, poi, il cammino verso il baratro del M5s. Il Pd, uscito dalle urne emiliano-romagnole con un buon risultato, non deve lasciarsi “mitridatizzare” dall'alleato di governo. L'esito delle elezioni va poi apprezzato da un altro angolo di visuale: nella compagine di Bonaccini mancavano pezzi dell'ultrasinistra perecottara e soprattutto i “grillini”. E' stata la fortuna del governatore che i pentastellati si siano sfilati volontariamente; in alleanza con loro Bonaccini avrebbe perso. Adesso, però, il Pd deve chiedersi fino a che punto vale la pena di portarsi appresso un cadavere, quando la vittoria di Bonaccini dimostra che una coalizione di centrosinistra, depurata dalle scorie gialle ed estremiste, potrebbe essere competitiva anche in un'elezione nazionale. Su tale base, si può guardare con maggiore fiducia a eventuali elezioni anticipate, senza temere più, come in agosto, una vittoria scontata del centrodestra a trazione salviniana. Il motivo per cui è nato l'attuale governo potrebbe rivelarsi superato; e il centrosinistra riuscirebbe a vincere e a salvare l'anima.
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