
Dai megafoni ai citofoni un salto senza garanzie
Bene. D'accordo. Ma nessuno ha tanta voglia di spiegarci che il muro di resistenza a questi cambiamenti, l'esercito in difficoltà dei difensori dello status quo, non è l'ostruzione di un vicolo cieco bensì la difesa di una cosa magnifica, il sistema di equilibrio e di convivenza conflittuale, ma liberale, che è prevalso dopo l'inabissamento nel nichilismo.
La lotta di classe è stata a due facce, mentre l'insorgenza delle idee di nazione, di popolo, di razza, ha sempre avuto una faccia sola, una grinta malevolente e vocata univocamente alla disfatta comune. I comunisti costruirono il loro mondo della dittatura del proletariato e del partito, generando equivoco e violenza su una scala gigantesca, ma l'altra faccia era quella della socialdemocrazia, del welfare, del popolarismo cattolico, del riformismo, del conflitto regolato e mediato da sindacati e partiti. E questa versione è quella che ha presieduto alla costruzione in Europa, sulla scia e con il consenso della democrazia americana quando era grande grossa e bella, di un'ipotesi di sviluppo e di modernizzazione buona, fondata sul libero commercio come forza unificante e sulle protezioni della tranquillità istituzionale, negoziale, senza gloria, affidata anche alla tecnica, che invece è diventata nella forma della tecnocrazia elitaria il mostro maledetto e la testa di Turco di tutti gli attaccanti dell'estremismo rossobruno. Lo status quo è poi questo. Non solo la pace tra le nazioni e i cosiddetti popoli. E' la possibilità di scioperare per due mesi contro la riforma delle pensioni, come accade in Francia, la possibilità di agganciare altri movimenti in lotta e convergere nella contestazione del potere, di politicizzare il conflitto ma alla fine mediarlo attraverso istituzioni e parlamento. Anche le radicali turbolenze degli anni Sessanta finirono in riforma politica, generarono speranze e non abusi, i megafoni non erano citofoni, c'era un fondo libertario che confinava senza sovrapporsi con il perimetro della società aperta e libera nonostante il lungo periodo del terrorismo.
Ecco. La tendenza sediziosa e di cambiamento che si esprime nella rivolta delle classi medie genera insicurezza democratica, non ha la forza di garanzia e di inclusione che ha caratterizzato invece gli anni ruggenti e pieni di sbadigli globalizzati dello status quo. Il problema è tutto qui, e varrebbe la pena che si riflettesse su una stagione, quella trascorsa, in cui il popolo fu sbandito e riformulato come società e trama di diritti individuali e sociali, dopo gli eccessi della mobilitazione generale iniziatasi negli anni Dieci del Novecento, per non smarrire almeno il ricordo di un progetto che potremmo essere costretti a rimpiangere per lungo tempo.


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