Dai megafoni ai citofoni un salto senza garanzie
Ora che è in pericolo un po' dovunque, assalito con veemenza da quello strano animale che è il popolo nella versione dei populisti, lo status quo rifulge in tutta la sua potente geometria di bellezza. Ora che risorge il fascista europeo mai tramontato, il qualunquista soddisfatto di sé, l'antisemita per istinto, il bottegaio che diventa soggetto di valori, e si fanno sotto con strepito violento altri movimenti aggressivi dall'Emilia alla Polonia, sotto l'usbergo accattivante di Trump Putin e diversi uomini forti, ora si vede che cosa sia stata per decenni la geometria della pace, lo status quo protetto e garantito dalle élite risorte dopo la catastrofe del 1945, dopo l'inaudita stagione di carneficine e disvalori totalitari del Novecento. Ora che suonano al citofono, grande idea perversa della Bestia, è il momento di riandare alla più celebre e breve e chiara definizione di democrazia liberale: quel sistema in cui “quando suonano alla porta sei sicuro che è il lattaio”. Un commentatore sociale come Dario Di Vico, conoscitore della sociologia economica del paese, ci spiega cosa sia il corpaccione intermedio alla base del “popolo che sente e non pensa”. Un commentatore politologico come il liberale per Salvini, Giovanni Orsina, ci spiega quali siano le basi politiche della pulsione di cambiamento incarnata dai sovranisti.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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