In memoria di Roger Scruton, una luce in un mondo di sciacalli postmoderni
Riusciva a scrivere con competenza di un'infinità di argomenti, Ma più di tutto era innamorato del patrimonio culturale di cui si sentiva figlio Scrive Quillette (14/1)
Quando ho ricevuto la notizia che Roger Scruton era morto ho avuto una fitta al cuore”, scrive Barbara Kay su Quillette. “Non l'ho mai incontrato di persona, anche se le nostre strade si sono incrociate una volta. E io non sono quel tipo di fan che dice cose tipo ‘è come se lo conoscessi', perché non sono una sentimentale. Ma era un pensatore, e uno scrittore, che io ammiravo profondamente. Lui era un faro della ragione in un'epoca dominata dall'irrazionalità. E' come se una stella lucente, nel mio personale firmamento, si sia spenta”.
“Scruton non era esattamente un reietto”, continua Kay. “Ha insegnato a Oxford e a Cambridge, tra le altre università, e a un certo punto scrisse anche un articolo per il Times. Ma dopo aver pubblicato ‘The meaning of conservatism' nel 1980, si rese conto che le sue visioni politiche sarebbero state incompatibili con le posizioni apicali della filosofia accademica. Quell'impressione fu confermata quando il suo libro successivo, ‘Thinkers of the new left' (1984) fu ampiamente stroncato e il suo editore lo modificò su richiesta dei suoi autori di sinistra. Sono incappata per la prima volta nel lavoro di Scruton grazie a un saggio che lui scrisse riguardo alla caccia alla volpe per la National Review nel 2005. Scruton è stato un cacciatore appassionato per 35 anni, fino allo scorso febbraio. Questa attività era considerata così retrograda dai progressisti che bastava questa sua passione per considerarlo alla stregua di un elitista della classe imperialista, di cui nient'altro è necessario dire o sapere. Grazie a quell'articolo venni a conoscenza di un interessante fatto, ovvero che il Parlamento inglese aveva discusso 18 ore, prima di prendere la decisione di entrare in guerra contro l'Iraq; ma, per via delle ossessioni classiste dei laburisti, il Parlamento aveva dibattuto sul tema della caccia alla volpe per ben 225 ore nei sette anni precedenti. Bene, ciò doveva dirci qualcosa, no? Scruton scriveva: ‘I parlamentari laburisti, i quali legittimano ogni tipo di eccesso e sembrano gioire del degrado dei valori famigliari, impallidiscono con orrore pensando che qualcuno, in qualche luogo, possa praticare ‘lo sport dei re'”.
I detrattori possono attaccare Scruton sotto molti aspetti. Ma è impossibile negare la sua sete di conoscenza. Lui riusciva a scrivere con autorità e competenza di un'infinità di argomenti, dalla religione all'architettura, dall'ambiente alla filosofia. Ma più di tutto era innamorato del patrimonio culturale di cui si sentiva figlio. Amava la sua patria, l'Inghilterra, e non giudicava il suo passato storico, come invece fanno in molti. Dopotutto fu proprio lui a inventare la parola ‘oicofobia', con cui si identifica l'odio per la propria cultura e identità. Il marchio del progressismo. Sentendosi isolato, come altri prima di lui, scelse di trasferirsi in America, dove il pensiero conservatore da sempre trova un focolare accogliente. Dal 1992 al 1995 insegnò filosofia a Boston, e in seguito si ristabilì negli Stati Uniti tra il 2004 e il 2009. Infine, vinto dalla nostalgia, tornò in Inghilterra, dove visse in una fattoria di 250 anni nel Wiltshire che chiamò “Scrutopia”.
“Uno dei suoi libri che preferisco”, scrive Kay, “sono le sue memorie intellettuali, ‘Gentle Regrets' (2005), un'antologia di saggi su: filosofia politica, dinamica urbana, influenze personali, opera, viaggi, animali domestici e, ovviamente, caccia alla volpe. Scruton è generalmente più conosciuto per la sua scrittura esplicativa, ma qui lui ha una vena più rilassata e discorsiva, anche intima. E spensierata. Un capitolo, ‘Drink a Helsinki', è formato da una serie di voci che raccolgono le impressioni di Scruton durante un viaggio accademico tra i patologicamente timidi finlandesi. Alcuni suoi commenti rivaleggiano quelli di George Orwell grazie alla sua estrema precisione sociale. Lui, per esempio, descrive una danza finnica a cui ha partecipato dopo un giorno di lavoro accademico: ‘Un gruppo triste e senza parole di persone si trascina sulla pista da ballo come un grumo di immondizia su uno stagno. Non ballano, ma si lamentano senza motivo... occasionalmente seppelliscono le loro teste come accette sul collo del compagno'. Molti scrittori iscritti a un master in belle arti spenderebbero anche mezzo semestre a lavorare su immagini così selvaggiamente divertenti ed evocative. Tu invece sai che quel pensiero è esploso fuori dalla sua testa senza sforzo. C'è molto più di quel tipo di commenti in queste memorie”.
Purtroppo Scruton – ed è in compagnia – nell'ultimo anno è stato vittima della piaga della “cancel culture”. E' stato accusato di nutrire opinioni da “suprematista bianco”, a causa di un'intervista in cui alcune sue parole erano state estratte dal contesto e poi mendacemente distorte dal New Statesman. Per questo motivo è stato privato di un incarico del governo, e in molti chiedevano anche l'eliminazione della sua carica di cavaliere di cui era stato insignito nel 2016. Ma dopotutto è proprio questo ciò che succede ai migliori: prima o poi sono esposti alla derisione delle folle. Scruton era un uomo perbene. Secondo lui essere persone dignitose era più semplice in una piccola città, perché lì non si può essere felici senza conformarsi agli altri. E tutti conoscono gli standard, sai di averli trasgrediti quando gli altri ti guardano con disapprovazione.
“Scruton è stato assorbito dalla conformità e dai suoi effetti, buoni e cattivi”, conclude Kay. “Lui una volta descrisse l'intera traiettoria della sua vita come un costante movimento verso ‘quella cosa impossibile: un percorso originale verso la conformità'. Come molte altre sue espressioni gnomiche, anche questa costringe le persone a fermarsi e pensare, pensare davvero, al suo significato. E tu sai che significa qualcosa su cui vale la pena pensare, perché Roger Scruton non ha mai pensato, o parlato, o scritto cazzate. Quelle le ha lasciate ai suoi detrattori”. (Traduzione di Samuele Maccolini)


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
