Metterci gli stivali

    Roma. “Il quadro ora è più definito”, dice, mentre in Aula ancora si discute di Libia e di Iraq. “E' chiaro, cioè, che i due fronti sono legati”, osserva Enrico Borghi, deputato del Pd e membro del Copasir. “Un nostro rinnovato impegno nella coalizione in Iraq ci consente di chiedere un impegno più marcato agli Usa in Libia, dove è interesse di tutti evitare l'istituzione di un doppio protettorato ottomano-zarista”. Ma la strategia italiana è chiara? “Bisogna muoversi verso la creazione di una forza d'interposizione su mandato dell'Onu ma sotto l'egida della Nato. Una forza di cui noi italiani possiamo a buon diritto rivendicare la guida in virtù della nostra capacità di dialogo con tutti gli attori coinvolti. E' ciò che dobbiamo ottenere nella conferenza di Berlino il 19 gennaio. Sottolineando come l'Italia, peraltro, non ha mai violato l'embargo sulle armi, a differenza di altri”.

    Se altri lo hanno fatto, è stato anche perché non ci sono più della navi della missione Sophia a presidiare la costa libica. “E' stato un errore gravissimo sospendere quella missione”. Commesso anche dagli attuali alleati del Pd. “In un governo in cui la politica diplomatica verso Tripoli si reggeva su questo folle assunto proposto da Salvini: noi non ci occupiamo di voi, e voi tenete fermi gli sbarchi. L'inerzia di quell'esecutivo, e dell'allora ministro degli Esteri Moavero, ha prodotto un simile stallo. Ma in questi giorni abbiamo apprezzato l'atteggiamento di responsabilità tenuto dal M5s e da Luigi Di Maio”.

    A proposito: il Pd che esce da Contigliano non è un partito troppo subalterno al grillismo? “Dobbiamo evitare il governismo, certo. Io credo che a questo partito serva un congresso vero, e che serva subito. Nicola Zingaretti lo ha annunciato: ma quando lo si annuncia, poi bisogna indirlo. E che sia un confronto reale: niente operazioni di cosmesi”.

    Voi di Base Riformista candiderete Giorgio Gori alla segreteria? “Prima definiamo il progetto, poi troveremo i nomi di donne e uomini più adatti a realizzarlo”. E qual è il progetto? “Il ruolo del Pd deve essere quello di guidare, con generosità e senza astuzie gattopardesche, un'opera di composizione delle varie forze che si riconoscono nella società aperta: e quindi noi dem, una buona parte del M5s, Italia viva, un pezzo della tradizione liberale vicina a Forza Italia, e poi quei segmenti di attivismo sociale che si riconoscono nei Fridays for future o nelle sardine. Ecco, in questa opera il Pd non deve pensare a soggetti che si sciolgono e si fondono, tanto più in un quadro di legge elettorale proporzionale. La via da perseguire è quella della coalizione, e questo governo deve esserne l'embrione”. Facendo cosa? “Tre punti concreti. La correzione profonda dei decreti sicurezza, il rilancio delle infrastrutture, e un impegno per la crescita che passi inevitabilmente per la liberazione dal giogo delle clausole di salvaguardia attraverso un reale processo di defiscalizzazione e di incentivi allo sviluppo”. Cioè, alzare alcune aliquote? “Cioè affrontando l'argomento, sapendo che è l'unico modo per avere ossigeno nel bilancio”. (val.val)