La scorsa estate ho avuto una discussione stimolante a Mosca con Fyodor Lukyanov, il direttore della rivista Russia in global affairs”, scrive Gideon Rachman sul Financial Times: “Ha spiegato che il premier britannico Boris Johnson aveva sostenuto una ‘Brexit liberale', e poi si è messo a ridere. Secondo i russi l'idea che la Brexit sia qualcosa di diverso da un colpo durissimo alla causa liberale sembra assurda. Ma chiedersi se Johnson e i brexiters possono pretendere di essere considerati ‘liberali' non è solo una considerazione accademica. Ha delle grandi implicazioni internazionali, come suggerisce la reazione di Lukyanov. Il 2016 ha consegnato una doppia sconfitta all'internazionalismo liberale sostenuto da Obama e dall'Unione europea: prima c'è stato il voto sulla Brexit, seguito alcuni mesi dopo dall'elezione di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. La marea nazionalista si è alzata con la stessa foga anche al di fuori dell'occidente. La promessa del presidente Xi Jinping di ‘un grande ringiovanimento' del popolo cinese è una variazione dello slogan di Trump, ‘Make America Great Again'. La retorica di Vladimir Putin è incentrata sulla promessa di restaurare la potenza della Russia, e anche in India il primo ministro Narendra Modi ha auspicato un ritorno alle radici culturali e nazionali. A volte i nuovi nazionalisti descrivono la ‘globalizzazione' come il loro nemico numero uno. Si lamentano che i ‘globalisti' sono un'élite internazionale ed egoista, intenta a cancellare i confini e le culture nazionali. Molti liberali (incluso il sottoscritto) credono che l'etichetta ‘globalista' sia sinistra e senza alcun significato, e spesso viene associata agli assurdi complotti su George Soros o la Commissione trilaterale. Dall'altra parte, molti liberali concordano che il nazionalismo è il loro nemico. I sovranisti danno grande importanza agli interessi di un gruppo etnico o religioso dominante ma spesso sacrificano i diritti dell'individuo o delle minoranze che sono cari ai liberali tradizionali. L'ultimo esempio è arrivato dall'India, dove il governo Modi ha approvato una legge sui diritti dei rifugiati che discrimina i musulmani provocando degli scontri a New Delhi e altrove.
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