Sono fuggito non dalla giustizia, ma dalla malagiustizia”, ha detto Ghosn, accusato di aver preso una mega liquidazione in nero (140 milioni di dollari), e di averne sottratti altri 5 dalle casse aziendali. Lui però si considera perseguitato da un sistema giudiziario che “viola i più basilari principi di umanità”, ha detto, specificando come si sentisse “un ostaggio”. Ghosn è stato tenuto infatti in manette e poi con “una specie di guinzaglio”, insomma è stato trascinato in ceppi, nipponici ma sempre ceppi. Pare che in Giappone sia talvolta come in Italia, “il processo è la pena”, come diceva il grande avvocato Carnelutti. Grande manager, grande pena (preventiva): Ghosn si è fatto comunque 4 mesi di carcerazione senza processo, un classico per il sistema giudiziario giapponese, famoso per essere sbilanciato tutto sul lato dell'accusa. Il sistema dell'hitojichi-shiho o “ostaggio di giustizia” prevede che l'imputato sia messo dietro le sbarre finché non si autoaccusi del reato di cui è imputato. Conoscendo come vanno le cose molti imputati confessano immediatamente. Se poi sei un ricco manager straniero, sei fregato. Negli anni Ottanta, ricorda il Guardian, un top manager di nome Hiromasa Ezoe fu accusato di frode e si rifiutò di confessare. Dopo dieci anni di processi, fu riconosciuto innocente. Nel 2010 ha pubblicato un libro, “Dove sta la giustizia?”, in cui descrive il sistema giapponese come privo della presunzione di innocenza, e dove gli imputati sono quasi automaticamente considerati colpevoli. Il 99 per cento delle accuse si risolve in condanne, e i giudici praticamente obliterano le richieste dei pm.
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