“Non voglio rimanere l'ultimo di sinistra nel nord Italia”, aveva detto Beppe Sala qualche giorno fa, scherzoso ma a ragion veduta, spiegando, a Imola, perché fosse venuto a dar man forte a Stefano Bonaccini nella perigliosa campagna elettorale contro il fantasma di Salvini per le Regionali in Emilia-Romagna. Disse anche, il sindaco di Milano: “Mi chiedo: veramente questo territorio che vive di dimensione internazionale e attrae investimenti stranieri, turisti, può immaginare di cadere in mano a partiti e persone che parlano di chiusura?”. Nella domanda retorica c'è anche la risposta al perché Bonaccini abbia chiesto una mano, in pratica, soltanto al sindaco di Milano. L'idea, o la necessità, è quella di una sinistra che parli una lingua europea e si faccia capire dall'industria e dai settori produttivi, della ricerca, dell'innovazione. Insomma dalle regioni settentrionali e che trainano il paese (un nord allargato di diritto a Bologna e anche più in là) e che da molto tempo, soprattutto negli interessi delle imprese, si sente più rappresentato dal centrodestra. Se non dalla destra-destra. Il nord e la sinistra, una bella partita: a parte alcune roccaforti, per lo più città, da molto tempo è territorio “blu”, di destra. Secondo recenti sondaggi, il centrodestra unito in Veneto, Lombardia e anche in Piemonte arriva al 50 per cento. Non basta confidare nella forza autonoma dei sindaci, Giorgio Gori è un altro della partita. C'è molto lavoro da fare, terreno da dissodare.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE