E ra ancora il 2007 quando per la prima volta al Miur si è iniziato a discutere di un Piano Nazionale per la Scuola Digitale (Pnsd). Un progetto che aveva l'obiettivo di modificare gli ambienti di apprendimento e promuovere l'innovazione digitale nelle scuole. In principio il ministero dell'Istruzione si è focalizzato sulla diffusione della Lavagna Interattiva Multimediale (Lim) nella didattica scolastica; poi tra il 2013 e il 2014 si è iniziato a investire nei wifi per le scuole e in corsi di formazione sul digitale rivolti ai docenti. Infine, nel 2015 il Pnsd è diventato un pilastro fondamentale della Buona Scuola di Matteo Renzi che, non senza ambizione, lo ha rilanciato attraverso quattro direttive – strumenti, competenze e contenuti, formazione, accompagnamento. All'alba del nuovo decennio, è lecito provare a dare un giudizio sulla strategia del Miur in questi anni. La lettura di una recente indagine condotta da Ipsos a novembre del 2019, realizzata dall'Osservatorio Giovani dell'Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con la testata giornalistica online Repubblica degli stagisti e la società di consulenza Spindox, pone qualche dubbio sull'efficacia dei progetti. L'indagine mostra che i risultati dell'iniziativa sono limitati e il divario tra maschi e femmine è ancora grande: tra i più giovani (20-25 anni) il 36,6 per cento degli uomini ha avuto occasione di entrare in contatto con il mondo dell'Ict (Information and communication technology) a scuola, contro il 27,1 per cento delle donne. Il divario di genere diminuisce leggermente se si guarda al gruppo dei 26-34enni.
Abbonati per continuare a leggere
Sei già abbonato? Accedi Resta informato ovunque ti trovi grazie alla nostra offerta digitale
Le inchieste, gli editoriali, le newsletter. I grandi temi di attualità sui dispositivi che preferisci, approfondimenti quotidiani dall’Italia e dal Mondo
Il foglio web a € 8,00 per un mese Scopri tutte le soluzioni
OPPURE