La rincorsa folle del Pd ai grillini sulla riforma della prescrizione
Roma. Il Pd strizza l'occhio al M5s sulla riforma della prescrizione. Ieri la Camera dei deputati ha respinto la richiesta avanzata da Forza Italia di procedere con urgenza all'esame del progetto di legge presentato da Enrico Costa che prevede lo stop all'entrata in vigore della riforma che abolisce la prescrizione dopo una sentenza di primo grado (prevista il 1° gennaio 2020). Hanno votato contro l'urgenza M5s, Pd e Leu, mentre Italia viva ha deciso di astenersi. Favorevoli all'urgenza FI, Lega e Fratelli d'Italia.
La notizia principale, però, è che il Pd abbia votato a sostegno dell'alleato di governo pentastellato, tanto che la presidente della Commissione Giustizia della Camera, Francesca Businarolo, ha esultato: “Chi si illudeva di far scattare una trappola deve prendere atto che ha fallito”. Quindi nessun rinvio della riforma della prescrizione voluta dal Guardasigilli Alfonso Bonafede è contemplata.
Così, mentre il deputato e capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari costituzionali, Francesco Paolo Sisto, accusa il Pd di essere “succube del M5s”, i dem provano a tenere alta la testa, seppur in maniera non del tutto convincente. Walter Verini, che in Aula ha annunciato il voto contrario del Pd alla “richiesta strumentale di urgenza”, ha lanciato un messaggio ai grillini: “E' inaccettabile l'entrata in vigore della riforma della prescrizione senza garanzie certe e cogenti sulla durata dei processi. Continuiamo il confronto con spirito costruttivo che auspichiamo anche da Bonafede. Se così non sarà, il Pd presenterà le sue proposte”.
Il problema è che l'entrata in vigore della riforma è imminente ed è difficile immaginare che la maggioranza raggiunga un'intesa sul “processo breve” prima del 2020. Come se non bastasse, il confronto dei dem con Bonafede non ha prodotto risultati.
Poi c'è la proposta avanzata sull'Huffington Post dall'ex magistrato ed ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli: “Aboliamo l'appello”. Dopo aver celebrato la riforma della prescrizione, Caselli spiega: “Il nostro sistema processual-penale dal 1989 è di tipo accusatorio. Nei paesi di rito accusatorio di regola vi è un unico grado di giudizio, con possibilità in casi particolari di ricorrere ad una Corte suprema. Da noi invece, tra riesame e giudizi incidentali vari, tra interventi del gip e del gup, tra tribunale Appello e Cassazione (con possibilità di un reiterato ‘andirivieni' fra le ultime due istanze), di gradi di giudizio ne abbiamo una pletora. Siamo dunque di fronte a una grave anomalia (oltre a quella della prescrizione) rispetto agli altri paesi di democrazia occidentale, un'anomalia che è appunto di sistema e che come tale va corretta riducendo drasticamente i gradi di giudizio”.
Secondo Caselli le anomalie del sistema processuale accusatorio italiano non sono da rintracciare nella partecipazione di pm e giudici a un medesimo corpo di magistrati, né nella discrezionalità assoluta con cui viene esercitata l'azione penale (a dispetto del principio di obbligatorietà), né nell'inaccettabile lentezza del sistema giudiziario durante la fase delle indagini preliminari, in cui finisce in prescrizione il 75 per cento dei procedimenti, né tantomeno nelle infernali commistioni tra uffici di procura (e polizia giudiziaria) e giornalisti, e nella gogna mediatico-giudiziaria che ne risulta. No, per l'ex procuratore di Palermo, l'anomalia della giustizia italiana sarebbe rappresentata dal giudizio di appello, cioè l'unico argine ai tanti errori giudiziari che avvengono nel primo grado di giudizio. Forse perché in fondo, come insegna Piercamillo Davigo, siamo solo tutti colpevoli non ancora scoperti.
Ermes Antonucci


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