In panne la fabbrica di unicorni cinese

    Un anno fa, in Cina, nasceva un unicorno ogni 3,8 giorni. Unicorni, ovviamente, sono le startup che dopo aver ricevuto finanziamenti di venture capital raggiungono una valutazione di mercato superiore al miliardo di dollari. Il 2018 è stato un anno d'oro per la scena tecnologica cinese, il mercato era in fermento. Nel 2019, invece, tutto sta rallentando. Secondo uno studio fatto dalla compagnia di Shanghai Hurun Report, nei primi sei mesi del 2019 l'ecosistema cinese ha generato soltanto 36 unicorni, un calo del 30 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Questo dipende in buona parte dal fatto che è scoppiata la bolla del venture capital: i finanziamenti andati a buon fine si sono ridotti della metà rispetto al 2018, secondo dati di Preqin citati dal Financial Times, ma ci sono ragioni ulteriori. C'è il rallentamento dell'economia cinese e c'è la guerra commerciale tra Washington e Pechino. C'è il fatto che il flusso di investimenti dalle aziende di venture capital americane si è ridotto bruscamente (vale lo stesso per il percorso inverso).

    Il governo cinese, inoltre, ha deciso di controllare più duramente le pratiche di finanziamento allegro che avevano drogato il mercato finora, e che avevano creato fenomeni come quello del bike sharing: startup che ottengono fondi giganteschi e ingiustificati, riempiono le città di biciclette a noleggio, vanno avanti per un anno o due facendosi acclamare come disruptor, finiscono i soldi del venture capital e chiudono tutto lasciando le biciclette ad arruginire sui marciapiedi.