Perché la teoria di uno scambio segreto tra Washington e Ankara non sta in piedi

Baghdadi e (probabilmente) un altro capo dello Stato islamico uccisi a pochi chilometri dal confine turco. Molte speculazioni, ma sono vaghe

    I n questo momento il governo turco è in cima alla classifica dei governi considerati più odiosi nei paesi occidentali e quando domenica l'Amministrazione Trump ha annunciato l'uccisione del capo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, in molti hanno parlato di uno scambio tra il presidente americano, Donald Trump, e quello turco Recep Tayyip Erdogan. Trump avrebbe dato il via libera all'operazione della Turchia contro i curdi siriani e in cambio Erdogan avrebbe rivelato a Trump dove trovare Baghdadi. Questa è la teoria. Ma se contano più le informazioni che le speculazioni, allora non ci sono elementi solidi che la reggono.

    La prossimità con la Turchia è il motivo che fa scattare i sospetti. Abu Bakr al Baghdadi è stato ucciso in una casa isolata a Barisha, cinque chilometri dal confine turco. Poche ore più tardi il portavoce dello Stato islamico, un leader di livello quasi pari a Baghdadi che si fa chiamare Abul Hasan al Muhajir (la vera identità è ancora sconosciuta, potrebbe essere un saudita), è stato ucciso mentre viaggiava in segreto in uno spazio ricavato dentro a un camion – un drone americano avrebbe bombardato il camion vicino Jarablus, sempre in Siria e sempre molto vicino al confine con la Turchia, è un'area controllata dai gruppi armati filoturchi a circa duecento chilometri di distanza da Baghdadi. La fonte della notizia – data quasi in tempo reale – è il comandante delle forze curde in guerra con i turchi, Mazloum Abadi, e in effetti ci sono immagini di un camion in fiamme che arrivano da quella zona. E' chiaro che se questa seconda morte fosse confermata farebbe parte della stessa operazione americana per decapitare il gruppo terroristico. Due bersagli, entrambi vicini alla Turchia. Ma i capi dello Stato islamico sono opportunisti specializzati nello sfuggire ai servizi segreti e scelgono in modo costante di spiazzare gli inseguitori e di evitare i luoghi considerati più probabili. In molti ritenevano che Baghdadi fosse da qualche parte in Iraq, specie nella parte occidentale meno abitata che lui conosce molto bene, oppure nella regione orientale della Siria, a cavallo fra l'area controllata dai curdi e quella controllata dal regime. Invece, per la regola dello spiazzare, si era trasferito a Idlib, una enclave assediata dove tre milioni di siriani aspettano un'offensiva decisiva del regime. E' una zona in preda al panico, con molti rifugiati e sottoposta a bombardamenti russi. Lo Stato islamico fu cacciato da lì alla fine del 2013 da altri gruppi armati, ma a questo punto, senza un territorio suo, per Baghdadi non era una zona più pericolosa di altre a patto di avere una casa isolata dove chiudersi. Il suo gruppo si era lasciato dietro in quella zona una rete di cellule clandestine e dopo la disfatta di marzo molti suoi uomini hanno attraversato le linee del fronte per andare a rifugiarsi proprio lì. E' il pezzo più caotico di Siria – fino a venti giorni fa almeno, prima che cominciasse il conflitto fra curdi e turchi – e quindi un posto per latitanti.

    Anche Al Muhajir, se la sua morte sarà confermata, è stato ucciso vicino alla Turchia, ma il camion su cui era nascosto veniva dalla zona in mano ai curdi e aveva appena superato il confine fra curdi e milizie filoturche dieci chilometri prima. Insomma, aveva saputo della morte di Baghdadi e voleva andarsi a nascondere anche lui a nord, ma arrivava da qualche parte a sud-est, quindi il fattore prossimità con la Turchia è più debole.

    C'è poi da considerare che fra i gruppi armati che controllano Idlib ci sono i fanatici islamici di Hayat Tahrir al Sham, che spesso negoziano con la Turchia e sono nemici mortali dello Stato islamico per ragioni ideologiche. Sono loro a dare la caccia più efficiente alle cellule clandestine dei baghdadisti. A maggio hanno ucciso il capo dello Stato islamico nella regione, un iracheno che si faceva chiamare Abu Suleiman al Iraqi. Ad agosto hanno ucciso il suo successore, Abu Abdu Shadid. Insomma, Baghdadi coabitava con discrezione con gruppi islamisti che hanno contatti con la Turchia, danno la caccia ai suoi uomini e li uccidono. Fonti sul posto dicono al Foglio che Hayat Tahrir al Sham aveva saputo che Baghdadi era nell'area, lo cercava e avrebbe voluto mettere le mani su di lui prima degli americani. L'ipotesi che quella zona fosse un parcheggio tranquillo per leader jihadisti non tiene.

    C'è poi l'elemento sicurezza turca da considerare. La Turchia ha commesso molti peccati di omissione sul confine siriano e considera il generale Mazloum Abadi dei curdi “pericoloso tanto quanto Baghdadi”, come ha detto ieri il ministro dell'Interno turco Süleyman Soylu, ma da qui a dire che è alleata con lo Stato islamico oppure che controlla lo Stato islamico o il fato del suo leader c'è un salto tropo ampio. L'esercito turco ha attaccato lo Stato islamico in Siria nell'estate 2016 con un'operazione di terra che è durata sette mesi. Sono morti settanta soldati turchi, due di loro furono catturati e bruciati vivi dopo essere stati legati con un guinzaglio metallico che impediva loro di camminare eretti – uno dei video più cruenti prodotti dal gruppo terroristico. Dal punto di vista ideologico, lo Stato islamico considera Erdogan un infedele da uccidere, la Turchia un paese da sottomettere e i suoi civili un bersaglio legittimo – come ha ripetuto in decine di video ufficiali. Vedere come conferma l'attentato all'aeroporto di Istanbul del giugno 2016 da 45 morti, l'attentato a un matrimonio a Gaziantep dell'agosto 2016 da 54 morti e l'attacco alla discoteca Reina di Istanbul il primo gennaio 2017 da 39 morti. Prima della morte di Baghdadi e della morte da confermare di Al Muhajir, l'ultimo leader importante dello Stato islamico è stato catturato nel sud della Turchia a febbraio 2018 grazie a un intervento con Cia e servizi iracheni. Si chiama Ismail al Ethawi e fu usato in un'operazione trappola che durò mesi: i servizi turchi lo obbligarono a persuadere altri quattro leader dello Stato islamico a spostarsi in Turchia. Tutti catturati e consegnati all'Iraq.

    In realtà, più che immaginare questo tipo di scambi dobbiamo ancora sapere da dove sono arrivate le informazioni che hanno portato la Delta Force fino alla casa di Baghdadi. Per ora esistono due versioni differenti. Una dell'intelligence irachena, che sostiene di avere ottenuto la confessione di un parente del capo terrorista che li ha messi sulle tracce di un corriere che ha puntato le ricerche in direzione di Idlib. La seconda versione arriva dal comandante dei curdi, che sostiene di avere passato informazioni agli americani grazie a un suo infiltrato nel gruppo e che l'operazione è cominciata cinque mesi fa, quando Baghdadi si è spostato a Idlib. Sono due versioni in competizione per intestarsi il merito dell'operazione antiterrorismo più spettacolare di questi anni. (dan.rai)