Cosa può imparare il Pd di Zingaretti dalle piazze di Renzi e Salvini

    Il fine settimana appena trascorso è stato dominato da una serie di appuntamenti che hanno movimentato il dibattito politico attorno a due piazze molto differenti tra loro. Nella prima piazza, a Roma, il centrodestra ha preso a cannonate il governo rossogiallo, ha demolito la manovra, ha evocato l'arrivo delle cavallette e ha chiesto al suo popolo pazienza promettendo di riportare presto a Palazzo Chigi la coalizione sovranista. Nella seconda piazza, a Firenze, il popolo della Leopolda si è ritrovato per tre giorni a discutere sul futuro, ha attaccato Salvini, ha pizzicato Zingaretti, ha coccolato Di Maio, ha mandato sms d'amore al mondo berlusconiano e ha chiesto al suo popolo fiducia promettendo di non trasformare il nuovo movimento in una replica del modello Alfano. Entrambe le piazze, pur essendo molto diverse, per contenuti, stile, volti, idee e dimensioni, in diverse occasioni hanno dato l'impressione di avere molto chiaro a quale popolo rivolgersi. La prima piazza, quella di Roma, era una piazza che cercava di mettere insieme tutti i nemici della sinistra, tutti gli avversari del Pd, tutti gli antagonisti del grillismo ed era una piazza all'interno della quale alcuni dei volti più importanti della coalizione (non tutti, come abbiamo visto) si sono impegnati per ridimensionare la portata estremista dei propri messaggi.