Sconfitto dai nichilisti
Roma. “Per cinquant'anni ho combattuto la morte degli studi umanistici nelle università, ma abbiamo perso la guerra e tutto quello che posso fare ora è una sorta di azione di guerriglia, i barbari hanno preso il controllo dell'accademia”. Harold Bloom, il grande studioso e critico letterario scomparso a 89 anni, aveva ammesso la sconfitta. La “guerra” di cui parlava era quella fra le humanities e la decostruzione, la French School. Veniva da quel mondo, Bloom.
Durante gli anni Settanta divenne un capofila della “Yale School” che poi avrebbe deriso e chiamato “fantasia francese”. Nel 1977, dopo ventidue anni di sporadica faida interna, si separò completamente dal dipartimento di Inglese per diventare l'unico professore di discipline umanistiche di Yale, splendido nel suo isolamento, da cui voltò le spalle agli amici di un tempo, da Paul de Man a Jacques Derrida, la “mafia ermeneutica” come veniva chiamata, un gruppo nato su iniziativa di J. Hillis Miller, che sarebbe stato attaccato per oscurantismo e nichilismo. La nomina di Miller a presidente della Modern Language Association fu significativa.


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