“Per mezzo di noi che siamo i più indegni degli uomini”
Il divino realismo di un documento fondato sulla virtù che san Paolo metteva al vertice
Pubblichiamo qui alcuni stralci della Charta Caritatis, attribuita a santo Stefano Harding e approvata nel 1119. In occasione del novecentesimo anniversario della carta, il Centro Culturale di Milano organizza un incontro pubblico il 18 ottobre alle 20.45 dal titolo “Dalla convivenza alla democrazia: la scrittura della carità”, con Padre Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dell'ordine cistercense, e Stefano Zamagni, presidente della pontificia accademia per le scienze sociali.
Capitolo primo
Poiché noi tutti ci riconosciamo servi, benché inutili, di un unico vero Re, Signore e Maestro, non imponiamo alcuna tassa né sui beni materiali né sulle cose temporali ai nostri abati e monaci confratelli che Dio, nella sua bontà, vorrà riunire in diversi monasteri sotto una stessa disciplina regolare per mezzo di noi che siamo i più indegni degli uomini. Desiderosi infatti di giovare a loro e a tutti i figli della santa Chiesa, non vogliamo né aggravarli con le imposte, né diminuire le loro risorse, cosicché arricchendoci a spese della loro povertà, noi ci rendiamo colpevoli del vizio dell'avarizia che, secondo l'Apostolo, è una vera idolatria [...].
Capitolo secondo
Ora noi vogliamo e comandiamo loro di osservare in tutto la Regola di San Benedetto come è osservata nel Nuovo Monastero. Essi non mutino il senso nella lettura della santa Regola, ma come la interpretarono e l'osservarono i nostri predecessori, cioè i santi padri, monaci del Nuovo Monastero, ed oggi noi la interpretiamo e la osserviamo, così essi pure la interpretino e l'osservino.
Capitolo settimo
Tutti gli abati di questi monasteri una volta all'anno, nel giorno che avranno concordemente stabilito, si recheranno al Nuovo Monastero. Qui tratteranno della salute delle loro anime e delle loro comunità. Daranno disposizioni circa l'osservanza della santa Regola o (le consuetudini) dell'Ordine, nel caso che ci fosse qualcosa da correggere o da aggiungere, e ristabiliranno tra loro la pace e la carità fraterna [...]. Se poi, per caso, qualche abbazia fosse venuta a trovarsi in estrema povertà, l'abate di quel luogo faccia presente il caso a tutto il capitolo. Allora ciascun abate, acceso dalla più grande carità, si affretti a risollevare l'indigenza di quella abbazia con i beni concessi da Dio a ciascuno, secondo le proprie risorse.


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