Gli over rovinano internet?appunti di lotta generazionale

    “Ho intenzione di essere sepolta qui. Nel ventesimo secolo”. (Joan Crawford - Vienna in “Johnny Guitar” di Nicholas Ray, 1954)

    Che ci faccio qui? Almeno Chatwin aveva quelle sue mitologiche Moleskine per appuntarsi i perché anche più spigolosi. Io non sono mai riuscito a gestire un'agenda cartacea neanche prima di quelle digitali, quel che dimentico si vede che non era importante (pensiero sabotatore di autoinganno, lo chiamerebbero gli psicologi, ma li tengo in non cale) e ancora non mi sono fatto spiegare da @eugenio_cau come si usa quella app su cui praticamente puoi appuntarti e archiviare qualsiasi scritto foto video o screenshot, come un diario. A prova di  Alzheimer. Basta non aver paura che un giorno un trojan scoverà tutti i segreti del tuo personale dark web, che è l'ossessione per la privacy dei trentenni. Io sono cresciuto col brocardo di Davigo, male non fare paura non avere, non ho paura. La privacy è un'ossessione che non riguarda noi che si va spensierati per i 70.

    Ah ecco, ora ricordo. Sono qui per questo. Da un po' di tempo (anzi un mucchio di tempo: ormai è un sottogenere internettiano, e di quel sottogenere specifico delle scritture internettiane che è il giornalismo generazionale) c'è questa polemica che oscilla tra il feroce e l'insulso, ma con evidenti punte di verità, che ha come bersaglio gli over 50. Tesi: gli over 50 non sanno usare il web e men che meno i social media, li intasano di fesserie e, ben più grave, sono i peggiori moltiplicatori di fake news, se le bevono a gargarozzo e poi le risputano facendo pure la fontana e le bollicine: peggio della Bestia di Salvini e dei troll russi. Corollario della tesi: il mondo va male perché questi attempati agenti patogeni di fake news sono quelli che poi votano Trump, che hanno votato la Brexit e, si parva licet, i nostri mostri populisti. Senza gli over 50 il mondo sarebbe un giardino fiorito. A parte che converrebbe distinguere i cinquantenni – ovvero persone che quando nacque l'iPhone erano degli splendidi quarantenni perfettamente alfabetizzati – e non confonderli con dei matusalemme che non hanno mai visto un computer fino a quando l'hanno comprato con la Quota 100. Però basta un controllo via Google per verificare che Casaleggio jr. di anni ne ha 43 e Di Maio 33. Se avessi una Moleskine annoterei: tesi priva di senso. Fessi si nasce da piccoli, e solitamente lo si rimane anche dopo quattro Erasmus. Ma siccome Moleskine non ne ho, prendo sul serio la questione e il mandato dell'articolo, che è di tagliare il nodo di Gordio una volta per tutte: gli over 50 sono il male assoluto del web, vero o falso? Dovendo lottare a mani nude contro un esercito digitale, utilizzerò il metodo degli Orazi e Curiazi (sventurati voi delle X, Y e Z generation, nati dopo l'abolizione della storia dalle scuole: andate a googlare). Una cosa per volta. Partiamo dalle critiche più sceme.

    Il macro argomento è questo. Qualche mese fa i gestori di rete in India sono andati in tilt per eccesso di traffico. In cima alla lista dei colpevoli individuati, e forse subito sacrificati alla dea Kali, ci sono gli utenti più agée (o fa più giovanile dire aged?) che la mattina intasano le linee per mandare a parenti e amici cretinissimi auguri di buongiorno. A milioni. Tutto il mondo è India, naturalmente. Gli aged molestatori del mattino sono ovunque, e pare siano riconoscibili al volo, anche se per mimetizzarsi mettono una pianta di cannabis come foto profilo. Perché scrivono sempre, ciascuno nel proprio idioma: BUONGIORNISSIMOOO!! Oppure invitano: KAFFE'?? (con la kappa) agganciando colleghi d'ufficio e circonvicini, ma non a voce o telefonando, ché farebbe antiquato: no, lo scrivono sulla bacheca di Facebook. Tutto vero, o comunque mi fido. Ma controllando un po' l'ampia e ripetitiva letteratura in materia si scopre la filigrana della leggenda metropolitana: l'ha scritta per primo qualcuno e poi è diventata una verità tramandata come un mantra tibetano. Tre anni fa (passa il tempo anche per i millennial) un giovane giornalista di quelli convinti di essere molto bravi a fare i giovani ha scritto su una rivista online per giovani il suo diario di una settimana in cui ha provato a usare Facebook “come un cinquantenne”, insomma BUONGIORNISSIMOOO!! e le solite cose. Un papiro di tale banalità e mancanza di humor da far rimpiangere la verve dei pensionati di Facebook. Forse la capacità di raccontare nell'èra del digitale non dipende solo dall'aver frequentato un corso di scrittura web creativa. Comunque il dato statistico è reale, e se ne spaventa pure Zuckerberg: gli over rompono così i maroni che gli under 30 ormai se la danno a gambe da Facebook, desolata landa di senilità, e usano social diversi. Ma siccome i vecchi sono stronzi, li inseguono. Adesso intasano Instagram, ad esempio. E non lo sanno usare, non ne comprendono codici e contesto. Ha scritto di recente Buzzfeed che “i baby boomer non riescono a smettere di postare le foto dei nipotini. I millennial non ne sono contenti”. Perché i millennial, si è già detto, sono ossessionati dalla privacy e soprattutto dai database in cui verrà archiviata ogni traccia digitale dei loro figli, fino alla fine dei tempi. Comprese le foto col pannolino o nel bagnetto che quel boomer ciccione strafatto di birra scadente, insomma il nonno, mette nei post con patetiche scritte d'accompagno. Ma i boomer vivevano nelle comuni con fuori le chiappe e niente da nascondere. Se i giovani sono paranoici e conservatori, chi è che sta peggio? Sempre Buzzfeed, che ha addirittura un progetto “Protect your parents from the internet week”, ha raccontato  che esistono negli Stati Uniti network su base volontaria di aiuto per attempati cretini digitali (in realtà qui il target è over 65, e a quota Sixty-four si erano arresi anche i Beatles). Storie come questa: una mattina tardi, venticinque “senior” tentano di parlare con Siri dal loro iPad, in cerca della caffetteria più vicina. Siri ovviamente non è in grado di rispondere alla domanda che è stata male indirizzata. I volontari insegnano, con la pazienza di Giobbe. Va bene, fa molto ridere.