Deprimere la scienza e dolersi del calo della fiducia negli esperti La paradossale invadenza delle scienze sociali

    L a progressiva trasformazione del medico in scienziato sociale, opportunamente formato nelle facoltà di Medicina sui cambiamenti climatici, la giustizia sociale, la teoria del gender e altro, è il “Pensiero dominante” di questa settimana. Lo spunto è un editoriale di denuncia firmato dal professore di medicina Stanley Goldfarb, che prende nota delle profonde modifiche in atto nei curricula delle medical school americane e si scaglia contro il potere acquisito da discipline che non hanno quasi nulla a che fare con la scienza medica. Già questo spostamento configura un paradosso: i progressisti che insistono sull'importanza cruciale dei cambiamenti climatici solitamente lo fanno in nome della scienza, non di una mera opinione politica, ma nel caso della formazione dei medici lo studio di certe discipline avviene proprio a discapito del rigore scientifico. Per far spazio alle scienze sociali, si toglie spazio ad anatomia e fisiologia. E' dunque curioso che siano le associazioni di categoria a promuovere con forza le riforme dei programmi che Goldfarb avversa (peraltro contro l'opinione dell'istituzione per cui lavora, la University of Pennsylvania), mentre allo stesso tempo bastonano la popolazione ignorante che per via di qualche presunto sortilegio populista si fida sempre meno dei medici e degli esperti in generale. Il dibattito in questione riguarda i medici, ma l'idea che illumina è più vasta e riguarda l'intrusione delle scienze sociali, opportunamente piegate su certi temi politicamente sensibili, in qualunque disciplina e ambito della vita pubblica. Si tratta di una tendenza generale, parte del clima in cui viviamo.