I profeti del klima e della decrescita, felice per pochi

    Nella nevrosi generale dell'informazione, abbiamo festeggiato la crociata dei bambini con la rincorsa dell'adulazione. In un attimo siamo passati dall'evocazione dei “dimenticati”, dei ceti medi rovinati dagli oppiacei, del populismo hillbilly a base nazionale e locale, dritti dritti al globalismo estremo della salvezza terrestre, con i piccoli della società del benessere che fanno la lezione ai grandi a colpi di scioperi legalizzati e promossi dai grandi, fissano il traguardo diretto dell'utopia salvifica universale. Mi compiaccio, pur appartenendo al “nucleo duro negazionista” denunciato da Guido Viale nel Manifesto. Non so se il mio negazionismo sia di destra, so che è di destra la base culturale dell'ambientalismo apocalittico e infantile. In sostanza, mi pare che il fulcro della critica sia rivolto al progresso, la paura è quella della crescita e dell'emancipazione da povertà e fame di grandi masse il cui livello di vita e di sviluppo sociale è incompatibile con il sogno di preservazione e conservazione della terra e del mare. Anche il numero chiuso demografico, a clima di merda procreazione di merda, non mi sembra proprio un'invenzione libertaria. I lavoratori nell'ideologia del “Nuovo Sessantotto” devono smettere di lavorare ai tunnel, alle strade e autostrade, ai ponti e altre fonti di emissioni nocive.