
Combattere la cultura del sospetto, la vera manovra espansiva
Significa qualcosa di più e qualcosa di più sofisticato. “Il giudice politico – nota Tullio Padovani nella nota introduttiva al libro – corrisponde alle sue funzioni proprio prendendo decisioni politiche che la sua autonomia consente in un contesto in cui è a lui precisamente affidato il compito di assumerle, sotto l'usbergo della garanzia di ruolo, con il diritto che non è più il punto di partenza, ma è solo quello di arrivo”. E sulla base di questo principio, il sistema permette di “legittimare provvedimenti adottati sì dalla magistratura, ma aventi natura di amministrazione e di governo e ispirati all'opportunità politica” con un processo penale ideato non più per accertare un fatto ma per creare un fatto. Le nozioni forse un po' tecniche di Sgubbi sono fondamentali per capire la ragione per cui l'Italia di oggi – e non solo l'Italia – ha scelto di non considerare più come un fenomeno da combattere la persistenza di un diritto penale “incapace di rendere distinguibili le luci dalle ombre” e strutturato in modo tale da rendere possibile il dilagare della cultura del sospetto, “con le presunzioni che sostituiscono le verità e con le narrazioni che sostituiscono le interpretazioni”. Sgubbi nota che grazie alla nuova interpretazione molto elastica e molto malevola del diritto penale il cittadino è sospettato a priori ed è trattato come un suddito in nome di “una utopia securitaria, nutrita dal sospetto, che induce l'autorità pubblica a cercare di controllare ogni momento della vita delle persone”. Alimentare il sospetto, dice Sgubbi, significa alimentare la sfiducia e significa giocare con la paura. E quando una società è permeata dalla cultura del sospetto non fidarsi del prossimo diventa inevitabilmente una regola sociale che crea diffidenza nei confronti non solo del prossimo ma anche della scienza, degli esperti e di tutti coloro che possono essere vagamente definiti come poteri forti. Sintesi dell'autore: “L'affermazione dell'esistenza di un complotto dietro qualsiasi accadimento comporta un'inversione dell'onere della prova che è comune alla logica del sospetto: chi sostiene l'esistenza di un complotto ribalta sull'interlocutore il compito di dimostrare l'inesistenza del complotto stesso e di spiegare la realtà con una diversa interpretazione causale”. Una società che accetta il sospetto come regola sociale considera normale che la regola del sospetto diventi un motore dell'attività del legislatore (è il caso di ricordare quante misure di prevenzione personale e patrimoniale sono fondate sul sospetto e su meri indizi, quante leggi rendano possibili misure di prevenzione personale e cautelari anche solo sulla base di un sospetto e quanto la cultura del sospetto abbia contribuito a rendere il processo svolto sui media più importante rispetto a quello svolto in tribunale). E se tutto questo accade, accade perché nella collettività e nell'ambiente politico si è affermata la convinzione che nel diritto penale si possa trovare il rimedio giuridico a ogni ingiustizia e a ogni male sociale. Perché, dice Sgubbi, la morale pubblica si è ormai identificata con il perimetro della incriminazione penale (“Ci si attende molto di più da una sentenza che non da una legge”). Perché il diritto non è più destinato a stabilire la giustizia, bensì ad affermare la vittoria dell'uno sull'altro. E perché il processo punta a individuare, prima ancora delle cause, una colpa: la colpa dell'altro. Vale quando si parla di diritto penale, di misure di restrizione, di abuso di misure cautelari, di incapacità di capire la gravità di trattare ogni fenomeno criminale come se fosse un fenomeno mafioso ma, dice Sgubbi, vale anche per altre questioni. Avete presente il MeToo? Bene. “Il movimento #metoo – nota Sgubbi – ha esteso a dismisura nozioni giuridiche consolidate come il concetto di molestia, ha condizionato di fatto e in modo indebito varie forme di rapporti intersoggettivi e di ruolo sociale, ha ribaltato inevitabilmente il canone dell'onere della prova. Anzi, reclama l'irrilevanza delle prove e perfino dell'accertamento giudiziale di un fatto, con la sfrontatezza di chi ritiene che sia sufficiente soltanto la parola della sedicente vittima per scatenare effetti sanzionatori sul preteso colpevole. La salvezza dell'incolpato è impossibile: insignificante fornire la prova contraria e, di fronte a questo nuovo Sant'Officio, anche l'abiura e il pentimento sono privi di effetti”. Combattere contro la cultura del sospetto è il primo passo per combattere contro tutti coloro che cercano ogni giorno di sputare sullo stato di diritto. L'Italia si è occupata a lungo dell'emergenza dello spread finanziario. Sarebbe il caso che il governo si occupasse di uno spread persino più importante, che potrebbe dare una spinta al paese più di qualsiasi manovra espansiva: quello che ci porta ogni giorno a far fare al nostro paese un passo sempre più lontano dal rispetto della Costituzione e sempre più vicino al baratro del totalitarismo giudiziario.


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