Combattere la cultura del sospetto è la vera manovra espansiva che serve all'Italia
Filippo Sgubbi insegna Diritto penale all'Università di Bologna, è uno dei più autorevoli esperti di criminalità economica d'Italia e tra qualche giorno pubblicherà con il Mulino un saggio che il presidente della Repubblica farebbe bene a regalare a tutti gli esponenti del governo rossogiallo – oltre che a tutti i direttori d'Italia. Il saggio in questione si presenta con un titolo apparentemente grigio – “Il diritto penale totale” – dietro al quale si nasconde però uno dei più taglienti j'accuse rivolti contro tutti coloro che hanno trasformato il circo mediatico-giudiziario in una fogna all'interno della quale si viene puniti nel disprezzo della legge, della verità e della colpa. La tesi di Filippo Sgubbi è che l'illecito penale “fluttua nella vita sociale in balìa di forze eterogenee” e sulla base di questo principio ha smesso di essere uno scudo a difesa della legge e ha cominciato a essere uno strumento totalitario il cui scopo ultimo è quello di difendere una certa idea di etica pubblica. Se il diritto penale diventa uno strumento per affermare una certa idea di etica pubblica si capisce facilmente che le vestali della giustizia, i magistrati e i giudici, perdono la loro tipizzazione classica per assumere un profilo diverso sempre meno tecnico e sempre più politico. Sgubbi dice giustamente che nell'Italia di oggi definire “politico” un giudice non significa qualificarlo come se fosse un giudice “politicizzato”.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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