
La tesla è un'auto per davvero?
La Model 3, anzi Carlotta16, è una quattroporte da 1,9 tonnellate per via delle batterie da 75 kWh messe sul pianale che le danno però stabilità. Ha due bagagliai perché i motori elettrici (che sono due, in questa versione, uno davanti e uno dietro) sono sull'asse delle ruote. Fa 230 chilometri all'ora, fa 0-100 in quattro secondi, ha una coppia istantanea con guizzi e ripresa da supercar, una potenza stimata di 350 cavalli e un'autonomia di 500 chilometri. Guidarla è divertente e riposante. L'impostazione minimalista tradisce l'ispirazione Apple.
La Model 3 porta però con sé l'ansia da rifornimento, la paura che non funzioni a dovere, il timore che sia una macchina “mal fatta”, priva della grande storia delle altre case produttrici, l'ansia di una sterzata e navigazione assistita (l'autopilota) potenzialmente pericolosa o quantomeno incompleta. In Italia è venduta a partire da 48mila euro (il modello utilizzato è full optional e ne costa poco meno di 60mila). Molto rispetto al prezzo promesso di 35mila dollari/euro, che però sta arrivando con le versioni ad autonomia ridotta. In Italia ne hanno vendute un migliaio prima dell'estate.
Il mio obiettivo è semplice: capire se Carlotta16 sa fare quel che deve: portare a giro in modo confortevole una famiglia media italiana.
La guida della Model 3 porta con sé varie sensazioni: la prima però non è tanto il silenzio quasi irreale (il motore elettrico non emette praticamente suoni ma comunque si avverte il rotolamento dei pneumatici) ma la totale assenza di vibrazioni. L'auto è sempre accesa ma non lo è mai. Come osserva la mia compagna, in questo modo è più difficile che i bambini si addormentino: è un paradosso ma le vibrazioni del termico cullano, l'elettrico no. In compenso si ascoltano benissimo canzoni e audiolibri da viaggio, Geronimo Stilton e lo Zecchino d'Oro, probabilmente sono un inedito per una Tesla.
Poi c'è “l'autopilota”. La Model 3 non è un'auto “che si guida da sola”. Musk è chiaro: vi sto vendendo le ultime auto che potete guidare voi, non le prime che si guidano da sole. E dunque l'autopilota è in realtà un sistema di sterzatura assistita con annesso navigatore. E' un optional costoso, con molti limiti, benché in continuo aggiornamento. Sulla strada della Cisa la Tesla si rifiuta di attivare l'autopilota, a ogni curva sembra bloccarsi, mentre sulle altre strade guida come una neopatentata con la P attaccata dietro: centrale nella corsia, non anticipa mai le curve e anzi tende un po' ad allargare. Il tutto funziona, ma soltanto in autostrada. In città l'autopilota non funziona: non riconosce la segnaletica e non si ferma agli stop o ai semafori. Con un aggiornamento futuro dice che lo farà.
Musk sostiene tuttavia che questo è soltanto l'inizio. Il futuro sarà di veicoli con una vita loro, e noi passeremo da un'economia del possesso a una dell'accesso. Le automobili diventeranno come taxi senza pilota (nel futuro immaginato da Musk i tassisti non sono previsti) che ti recapitano in ufficio la mattina e ti vengono a prendere la sera, e nel mezzo porteranno a spasso decine di altre persone che pagheranno una tariffa per l'utilizzo del mezzo.
Una delle sensazioni più peculiari è quella che gli americani chiamano “range anxiety“, ansia da ricarica: l'auto fa quasi 500 chilometri con una ricarica completa, e l'Italia è punteggiata di paline di ricarica. Non c'è paesino o agriturismo che non ne abbia un paio, sono persino più degli autovelox che i comuni toscani disseminano sulle strade statali come i cacciatori le trappole nelle foreste. Casomai il problema è che le paline sono tante e di aziende diverse, ognuna che richiede il suo modo. Alle colonnine ufficiali di Tesla non servono applicazioni, tessere o smartphone: agganci e vai, pagamento incluso perché sei già registrato con Tesla. Le altre paline di ricarica sono più complicate. Bisogna districarsi tra sistemi astrusi di iscrizioni, bollette e contratti, perché le paline sono gestite di solito dalle utility regionali e nazionali. E' un business nascente per loro. Nel Regno Unito ci sono già più distributori elettrici che pompe tradizionali. Tesla ha deciso di integrare verticalmente anche questo settore e si è costruita la sua rete di 1.500 Supercharger, punti di ricarica (31 in Italia con altri 24 in costruzione) con una dozzina di postazioni per auto ciascuno. La rete di distribuzione è uno dei punti di forza di Tesla: ha investito molto per crearla ed è questo il vero vantaggio competitivo sulle altre case automobilistiche.
Ad Anghiari un giorno siamo parcheggiati a lisca di pesce: faccio uscire l'auto chiamandola dal telefonino. Viene avanti da sola, lentamente, circospetta ma sicura. Un signore su un piccolo SUV rimane a bocca aperta. Da buon toscano quel che esclama qui non si può riferire. E' sempre così, però. Ovunque ci fermiamo c'è chi si avvicina per guardare la macchina e chiedere qualcosa. E se non ci siamo, si avvicinano lo stesso: la Tesla è piena di telecamere che guardano fuori, ha una “modalità sentinella” che permette di registrare tutto quello che succede intorno a lei e scaricare su una chiavetta i filmati che immortalano quelli che si avvicinano troppo (volendo fa anche da “dash cam” quando si viaggia). Chissà cosa ne pensa il Gdpr.
A fine viaggio mi appunto: abbiamo fatto 1.741 chilometri consumando in tutto 271 kWh con una media di poco meno di 156 Watt-ora per chilometro. Gli autisti Tesla sono impallinati con i dati di consumo. In rete mi dicono che è buono, ma si può fare molto meglio.
E dunque la rivoluzione di Elon Musk è reale? Tesla, intesa come azienda, nel corso degli anni ha avuto infiniti problemi di produzione e di profittabilità. Per realizzare la sua disruption, Musk ha accumulato debiti e spinto la capacità produttiva dell'azienda oltre le sue possibilità, tanto che l'anno scorso negli Stati Uniti le liste d'attesa per la Model 3 sembravano non finire più. Adesso le cose vanno meglio, ma gli analisti sono ancora tiepidi con Tesla – evidentemente non ne hanno mai guidata una – e si chiedono se il progetto sia sostenibile sul lungo periodo, anche contando che Musk divide tempo e denari tra le automobili, i razzi spaziali, i tunnel sotterranei e la sua impresa di pannelli solari supertech, che arranca. La Tesla per ora è ancora un'idea platonica. La macchina c'è, e c'è già adesso, ma quello che entusiasma è la promessa di quello che deve venire.
Antonio Dini


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
