
La leggerezza tutta digitale dei fratelli karamazov
Tre anni fa, solido nelle mie convinzioni, sfidai il mondo che cambiava e andai in spiaggia, in pieno agosto, con sottobraccio il mio “Vita e destino” di Vasilij Grossman, 1.024 pagine (edizione Adelphi) di sangue e guerra e pura esistenza umana. E di scrittura fitta fitta. Fierissimo di stare in compagnia di quel mattone mentre notavo qualche sopracciglio alzarsi al di sopra dell'occhiale da sole, tra signore incremate immerse nella lettura dell'ultimo Premio Strega e corpulenti mariti attenti a capire dalla Gazzetta dello Sport se quello sarebbe stato l'anno buono per la squadra del cuore. Una volta mi capitò di vedere un signore immobile mentre sdraiato si gustava una biografia di Martin Heidegger. Però! Comunque per lo più erano sguardi di puro compatimento e di curiosità, come se fossi un eschimese capitato per caso su una spiaggia di Antigua. Quasi che davanti a loro si fosse materializzato Aldo Moro con i calzini, per menzionare una foto che qualche settimana fa è stata riesumata sui giornali per sottolineare come – stando alle estati del Papeete – il mondo non sia più come quello di una volta. Ma io ridacchiavo: contenti voi di stare lì con quel display, incapaci di usare qualcosa di troppo diverso dallo smartphone bollente o dall'iPad di ultima generazione che sotto il sole non si può neanche maneggiare.
Ebbene, avrei fatto meglio a contenere il mio orgoglio e slancio iniziale. Al terzo giorno il mattone (si parla di peso del libro, che resta un capolavoro su qualunque dispositivo lo si legga) iniziava a diventare un problema. Girarsi sul lettino o sul telo era complicato, il braccio era indolenzito, il tavolinetto dell'ombrellone risultava troppo stretto per ospitarlo in una delle necessarie pause da lettura dovute all'esigenza di rammentare nomi, patronimici e cognomi dei personaggi tratteggiati da Grossman. Il vento forte stormiva tra le pagine ingiallite dal sole. Lo zaino pesava. Stai a vedere che forse il Kindle risolve un bel po' di problemi. Sfidando certezze assolute – paragonabili a quelle delle anziane del paese che a ogni estate assicurano sicure, sedute in compagnia di varie pari età, che mai s'era sentito un caldo così – e presunzioni, mi decisi al grande passo (naturalmente con i miei tempi, finito Grossman e finite pure le vacanze). Dopotutto, andando in metropolitana a Roma – quando ancora si poteva scendere a Barberini – risultava più semplice leggere “I fratelli Karamazov” sul Kindle di Amazon anziché nell'ingombrante versione cartacea. Stretti come sardine l'uno contro l'altro, tutto sembrava più semplice. Mi si è aperto davanti agli occhi un mondo paradisiaco e ho iniziato perfino a sottolineare passaggi-chiave o per me rilevanti, cosa che mai avevo fatto su carta (non appartengo alla nobile e da me invidiata categoria di coloro che lasciano un segno sui libri che leggono, me ne dimentico). Un acquisto, due acquisti, tre e avanti così. Dal saggetto di poche pagine in effetti del tutto trascurabile a “Delitto e castigo”. Ah, se avessi svoltato prima di caricarmi sulle spalle i tomi del “Conte di Montecristo” di Dumas e dei “Miserabili” di Hugo. Un problema che non si porrà quando sceglierò di dedicarmi ad “Arcipelago Gulag” di Solgenitsin. So già come farlo mio. Certo, il volume di carta resta imprescindibile, in libreria fa la sua porca figura, ma ai conservatori come me che dicono che non è la stessa cosa suggerirei un po' più d'elasticità mentale. E anche pratica, dopotutto. Perché alla fine le parole quelle sono, non cambiano se le si legge in Times New Roman sul cartaceo o sul display. Capisco la sensazione che si prova, quella di perdersi qualcosa, come se non s'avesse davvero letto il libro acquistato. E' naturale, ma poi passa.
Il nuovo Kindle Oasis è il meglio che un lettore compulsivo – non solo per piacere, ma anche per dovere – possa desiderare. Lo schermo è grande a sufficienza (7 pollici), il design è sottile: pesa meno di un paio d'occhiali, ha i pulsanti volta-pagina che consentono di tenere il dispositivo con una sola mano, quindi niente braccia appoggiate sul lettino con dolori serali a ulna e radio. E poi i due vantaggi che lo fanno essere superiore a qualunque tablet: non si surriscalda e può essere usato senza affaticare gli occhi, graduando la luminosità a seconda del contesto esterno e delle condizioni in cui ci si trova a usarlo. La tonalità è regolabile. Insomma, lo si può usare sul bagnasciuga di Cancun a mezzogiorno o sotto le coperte di una baita sudtirolese in pieno gennaio. Meraviglia anche per chi legge a bordo piscina: vengano pure gli schizzi provocati da bambini esuberanti o panciuti turisti particolarmente allegri, il Kindle Oasis può resistere senza problemi inzuppato fino a due metri di profondità in acqua dolce per un'ora. Nessuna paura neanche se un'onda d'acqua salmastra lo lambisce. E anche i miopi e i presbiti – il genitore o perfino la nonna possono sempre domandarlo in prestito se non altro per capire cosa sia quella diavoleria moderna – saranno soddisfatti: il carattere può essere ingrandito all'occorrenza. Comodità, anche in fattore di spazio.
E per me che curo anche una pagina settimanale di recensioni su questo giornale (oltre a una rubrica quotidiana sui libri) non avere il problema di archiviare in casa o in redazione decine e decine di volumi che ogni giorno arrivano supplicando di essere se non esaminati quantomeno guardati, è un vantaggio non indifferente. Lo stoccaggio avviene tutto su quel piccolo apparecchio, che pare non avere mai fine quanto a spazio disponibile. Gli scatoloni arrivano ugualmente, ma si può scegliere cosa tenere e cosa archiviare elettronicamente. E con un unico tocco, si recupera il libro che si stava cercando. Per chi poi da tempo cerca una nuova casa, non è trascurabile il fatto di dover provvedere a riservare uno spazio infinitamente minore per la conservazione dei volumi del cuore, che poi vanno spolverati e tenuti bene, in bella vista su qualche mensola. Si può riflettere con più serenità sui metri quadrati dell'appartamento da affittare. Scusate se è poco.
Matteo Matzuzzi


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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