L'erosione del garantismo da Sodoma alla “rape culture” L'uso improprio della legge per accelerare i cambiamenti sociali

    A vanza, fra i giuristi americani e non solo, un movimento ostile alla presunzione d'innocenza, caposaldo dello stato di diritto finito sotto attacco sull'onda di un clima di sospetto che da decenni alligna nella cultura universitaria americana. Le relazioni sessuali, con la loro carica abusiva, sono da tempo al centro di un processo per riformare la logica del consenso e rovesciare l'onere della prova. Secondo la disciplina del “consenso affermativo”, noto anche come yes means yes, è la persona accusata di molestia a dover provare la sua innocenza, e la necessità di ottenere un assenso esplicito per consumare un atto sessuale ha generato un clima vagamente persecutorio nei campus. Ogni relazione è una molestia in potenza, ogni uomo è uno stupratore che deve dimostrare la sua innocenza. Il MeToo ha catalizzato e amplificato questa tendenza, offrendo a schiere di avvocati ed esperti di diritto il destro per tentare un'ambiziosa operazione di travaso dei protocolli universitari negli ordinamenti giuridici di ogni grado. Il dibattito interno all'American Bar Association raccontato in questo “Pensiero dominante” illustra i termini di un'operazione giuridica in cui lo strumento legale viene esplicitamente usato per imporre o accelerare un cambiamento sociale, non per individuare e punire comportamenti criminali. Nell'ambito della common law, la presunzione di innocenza è legata a una massima di William Blackstone, uno dei padri della giurisprudenza anglosassone: “E' meglio che dieci colpevoli sfuggano alla legge che un innocente venga condannato”. Si tratta di una variazione su un tema ancestrale, affrontato almeno a partire dal Genesi, dalle parti di Sodoma e Gomorra, elaborato ampiamente nel medioevo e ripreso da Benjamin Franklin, che aveva moltiplicato di dieci volte il numero dei colpevoli che era conveniente barattare con un solo innocente accusato ingiustamente. Qui sotto pubblichiamo la versione di Mosè Maimonide, ad uso dei perplessi.