
UNA VITA DA MEDIOCRE
“Questi sono i miei principi e se non vi piacciono ne ho degli altri” (Groucho Marx)
Avete mai pensato seriamente – anche solo per qualche minuto – di iscrivervi a un corso di burlesque per ridare smalto alla vostra vita sessuale dopo quindici anni di matrimonio?
Avete mai tranciato giudizi sprezzanti su un classico che state rimandando di leggere dai tempi del liceo?
Avete mai ripetuto una bugia – per quanto piccola e irrilevante – fino a non ricordare più come sono andate veramente le cose?
Se avete risposto sì anche a una sola di queste domande, questo libro vi riguarda. Forse non siete cialtroni, ma se qualche minuscolo ingranaggio dell'universo si fosse mosso diversamente avreste potuto diventarlo. O forse, se si muoverà, un giorno lo diventerete.
Che frequentiate sporadici dilettanti o sofisticati professionisti della cialtroneria, troverete nelle pagine seguenti preziose indicazioni per relazionarvi con queste affascinanti creature senza farvi troppo male.
Se invece pensate di non aver bisogno di consigli, allora cominciate a preoccuparvi: perché nessuno è immune dai cialtroni. Essi vivono fra noi e, talvolta a nostra insaputa, sono noi.
IL CIALTRONE TRA NOI OVVERO
CIALTRONI SONO SEMPRE GLI ALTRI
Qualità precipua del cialtrone è la mediocrità. Egli ne ha fatto una regola di vita. Anzi, la regola. Il cialtrone non spicca in nulla, neppure nella cialtroneria; al massimo può arrivare a essere un mediocre cialtrone, essendogli l'eccellenza, foss'anche in negativo, preclusa per definizione. A lui si attaglia perfettamente quel che Leo Longanesi diceva per insultare qualcuno, attribuendogli l'appellativo di “testina di manzo numero due”, per non concedere il primato neppure in negativo. Di perfezione, quindi, nemmeno a parlarne, essendo la dimensione dell'apprendimento, con la sottesa tensione al miglioramento, fondamentalmente estranea alla natura di questo tipo umano. Il cialtrone è quel che è, formato una volta e per sempre, ontologicamente determinato, immutabile come le montagne eppure proteiforme nella sua insipienza. Sono concetti densi e di non immediata comprensibilità (è palese), ma è il rischio che si deve correre se si vuole trattare una materia così gravida e magmatica come quella che è oggetto di questo studio.
D'altra parte, dopo millenni di empirismo cui finora ci siamo attenuti nei rapporti con il cialtrone, credo che i tempi siano maturi per tentare un qualche grado di elaborazione teorica. Il cialtrone è una componente onnipresente della nostra vita e noi abbiamo il dovere morale di imparare a parlare, a lavorare, a relazionarci: in una parola, a vivere con lui. Sia che vogliamo difendercene smascherandolo, sia che vogliamo andare a ingrossare le file del suo esercito (e sull'annoso tema se cialtroni si nasca o si diventi si tornerà più avanti), non possiamo prescindere dalla sua conoscenza, pur consapevoli dei limiti insiti nel compito, giacché il cialtrone – prodotto eminentemente umano ma che per alcuni versi sfugge all'umana limitatezza – si sottrae a ogni catalogazione troppo rigorosa.
Non sono vero ma ci credo
Come il Gastone di Ettore Petrolini, il cialtrone è un uomo “senza orore di se stesso” che si immerge con la nonchalance di un sub professionista nelle profondità più vertiginose dello scibile umano uscendone completamente vergine. Intellettuale o uomo di fatica, giovane o anziano, progressista o conservatore, il cialtrone si districa, si arrabatta o – come si dice in alcune zone particolarmente espressive del nostro Paese – “arronza”, improvvisando quel che non sa. Ma non è propriamente un impostore; molto spesso è genuinamente convinto di avere le qualifiche necessarie per essere quel che non può essere. E questa illusione, cui egli stesso è il primo a credere, segna la distanza concettuale dal ciarlatano. Oggetto del nostro studio, pertanto, è proprio quell'abborracciatore orgoglioso di sé che abbiamo convenzionalmente scelto di definire cialtrone.
Non occorre una particolare sagacia interpretativa per rilevare la vicinanza di questo tema con quello trattato nella Vita quotidiana come rappresentazione di Erving Goffman. In essa il sociologo canadese sostiene con il suo tipico vigore teorico che ognuno mette in scena una rappresentazione di sé ogniqualvolta entra in contatto con un altro essere umano; e in questa rappresentazione, che ha i caratteri dello spettacolo teatrale, ciascuno si comporta in modo diverso da come farebbe se fosse da solo. In quel suo studio pionieristico del 1969 Goffman voleva forse sostenere che siamo tutti, almeno in parte, dei cialtroni?
Semplificando, si potrebbe dire che il cialtrone mette in scena un'immagine di sé e poi sospende indefinitamente l'incredulità con cui è necessario accostarsi a ogni finzione, la qual cosa gli conferisce un enorme potere di penetrazione nella realtà: identificandosi con la propria rappresentazione, il cialtrone diventa quel che non è e induce gli altri a trattarlo come se lo fosse. Ma fino a che punto il cialtrone crede veramente a se stesso? Fin dove è convinto di essere ciò per cui non ha alcuna qualifica? Dove finisce il cialtrone e dove comincia l'impostore?
Il (dis)senso dell'umorismo
Appare evidente che conditio sine qua non per poter dire di trovarsi in presenza di un vero cialtrone è l'assenza di senso dell'umorismo o, più precisamente, di autoironia. L'umorismo è radicalmente antitetico alla cialtroneria. Perché vi sia un sorriso o una risata è necessario un distacco tra il contenuto comico e il soggetto che lo rileva. Semplificando all'estremo: se si vede Ollio cadere nel tombino viene da ridere; ma se si comincia a pensare che potrebbe essersi rotto l'osso del collo non si ride più. L'eccessiva vicinanza uccide il divertimento. Ecco perché umorismo e cialtroneria sono irriducibilmente antitetici. Il cialtrone è totalmente solidale con l'immagine che propone di sé: lui vi si identifica, annullando così la distanza tra vero e falso. Il cialtrone che si illude di essere un attore pur non avendo alcuna attitudine alla recitazione o che si immagina uomo politico mancando di qualunque competenza, si configura quindi come un succedaneo inconsapevole della cosa vera, una specie di homunculus, surrogato dell'essere umano reale, un similuomo in similpelle: si potrebbe dire un uomo skai, dal marchio “Skai” con il quale l'azienda tedesca Konrad Hornschuch AG di Weißbach commercializzò nel secondo dopoguerra la finta pelle.
Assolutamente sì, assolutamente no, assolutamente forse
Si può dire, dunque, che la ragion d'essere ultima del cialtrone è perseguire il prestigio che deriva dall'apparire qualcosa che non si è, arronzando, assecondando la corrente principale, senza però riuscire a cogliere lucidamente la distanza esistente tra la propria natura e ciò per cui ci si spaccia. Per capire meglio, ascoltiamo cosa ha da dire su questo punto James Hillman:
Il modo migliore per acquistare prestigio non è quello di imitare la leadership o l'autorità, ma quello di avere un sottile fiuto per ciò che è importante e per chi è importante. Chi è dotato di prestigio raccoglie seguaci semplicemente andando dietro a ciò che è nell'aria, facendo attenzione a come soffia il vento, a quando è il momento di orientare le vele, di spostare il carico, di invertire la rotta, di mettersi al riparo. Essendo interiormente vuote, queste persone sono completamente sotto l'influenza di forze esterne. Per questo sono capaci di percepire immediatamente qualunque cosa importante sia nell'aria. Nella conversazione lui lascerà cadere dei nomi, lei farà commenti su eventi che gli altri si sono persi. Entrambi non perdono mai l'occasione di dimostrare quanto sono ben informati e di dare indicazioni su dove avvengono le cose importanti.
Da ciò un pensiero sorge in un qualche punto della corteccia cerebrale e percorre con un sinistro effetto la spina dorsale. E se il cialtrone, pur con modi e intensità differenti a seconda delle persone, fosse dentro di noi?
IL CODICE DEL CIALTRONE OVVERO
LA KATANA E LE CAZZATE
Il vocabolario della lingua italiana Zingarelli di qualche anno fa recita: “Cialtrone. s.m. 1. Individuo spregevole, volgare negli atti e nelle parole. SIN. Mascalzone. 2. Persona pigra e trasandata o senza voglia di lavorare”. Il dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti invece dice: “Cialtrone. s.m. 1. Persona sciatta, trasandata; estens. Persona che lavora poco e male. SIN. Ciabattone, pasticcione. 2. non com. Villano, mascalzone, gaglioffo”.
Al di là di un comune e severo giudizio di valore, entrambe le definizioni – ancorché corrette – non riescono a circoscrivere la proteiformità del cialtrone e, soprattutto, a individuare la caratteristica che più di ogni altra differenzia la categoria aristotelica del “cialtrone” da altre figure che popolano le nostre vite: i malvagi, gli imbroglioni, i pelandroni, gli inetti, i furbastri, i ciarlatani eccetera. Scopo della parte preliminare di questa ricerca è rendere manifesto come la caratteristica precipua del cialtrone – ciò che ne definisce il codice genetico – sia la totale mancanza di senso critico.
“Citatio praecox”
Il cialtrone si avvantaggia degli effetti di una tale moratoria dell'autocritica ricavandone una straordinaria capacità di penetrazione del reale. Laddove personalità più complesse si impanierebbero in snervanti tenzoni con se stessi, ritardando la consegna al pubblico giudizio, che so, della ponderosa tesi sui Minnesänger cui stanno lavorando da anni, perché non si sentono in pace con la propria integrità professionale a citare un'opera monografica della metà dell'Ottocento senza averne letto per intero l'unica copia conosciuta che, sfortunatamente, è conservata al museo civico di Königsberg, il cialtrone consegnerà con la più olimpica tranquillità interiore una tesi raffazzonata in due o tre giorni, contenente un temerario parallelo tra La canzone del falcone di Der von Kürenberg (XII secolo), là dove dice:
volò fuggendo il falcone in altro cielo. V
idi allora volare il bel falcone:
lacci di seta brillavano alle zampe,
tutte le piume eran rosse e d'oro:
unisca Dio chi si vuole amare!
e i versi del Mio canto libero, là dove Giulio Rapetti, in arte Mogol, si spinge a scrivere:
nasce in mezzo al pianto
e s'innalza altissimo
e va
e vola sulle accuse della gente
a tutti i suoi retaggi indifferente
sorretto da un anelito d'amore
di vero amore.
L'analogia, del tutto gratuita e non giustificata se non da sfrontatezza e superficialità, varrà, nondimeno, all'autore il plauso del colto e dell'inclita e, con ogni probabilità, la laurea a pieni voti in Scienze della comunicazione; ché il cialtrone, pur se non dotato di particolari facoltà intellettive, sarà tuttavia stato tanto astuto dal tenersi alla larga dalle facoltà più inutili (lettere classiche e/o moderne e tutte quelle scientifiche), orientandosi strategicamente su discipline di più pronta spendibilità sociale. Con le debite differenze, in omaggio al ben noto adagio gesuita, si potrebbe dire Nisi caste, saltem caute, e cioè Se non castamente, almeno cautamente.
Rispettare il limite di lentezza
Il cialtrone è dotato dalla natura della sopraffina e istintiva capacità di individuare la velocità di crociera ottimale da tenere nelle differenti circostanze che la vita gli presenta.


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