Perché la crisi del governo certifica il fallimento di due chiari modelli di populismo

    La velocità con cui la politica italiana si è ritrovata nel giro di poche ore a dover fare i conti con un governo passato in meno di una settimana dal votare prima la fiducia al suo presidente del Consiglio e poi a chiedere improvvisamente la sua sfiducia rischia di farci concentrare molto sui dettagli del governo uscente e poco sulla ciccia. I dettagli relativi al governo uscente, ve ne sarete accorti, tendono a suggerirci che la coppia Salvini-Di Maio passerà alla storia per essere stata una delle più litigiose dell'epoca repubblicana e ovviamente, anche a giudicare dai cazzotti che si sono mollati negli ultimi mesi il Truce e Mr Ping, c'è del vero in questa affermazione. Concentrarsi però solo sulle divisioni, e sui cazzotti, è un modo un po' malandrino per mettere a fuoco cosa ha significato per l'Italia avere a che fare per quattordici mesi con il suo primo governo populista. E se si mettono da parte le divisioni si capirà con facilità che il vero tratto distintivo dell'esecutivo del cambiamento non è stata la sua chiassosa diversità ma è stata la sua mostruosa compatibilità, a causa della quale l'Italia oggi si trova in una condizione economica peggiore rispetto a un anno e mezzo fa. Non si tratta di ragionare sull'apocalisse, che per fortuna non c'è, e non si tratta di ragionare sull'allarmismo, che come sapete non ci appassiona.