Il carabiniere e il diritto alla zona grigia

Chiedere trasparenza è il modo peggiore per tutelare le forze dell'ordine

    Le vicende che hanno portato all'assassinio del carabiniere Mario Cerciello Rega appassionano l'opinione pubblica e questo spinge naturalmente la stampa a cercare risposte e spiegazioni sui molti aspetti non del tutto chiariti. Soprattutto il ruolo degli spacciatori, uno dei quali parla ripetutamente con i carabinieri e denuncia il furto del suo zainetto, rappresenta una zona d'ombra, che ha portato qualcuno a scrivere che si potrebbe trattare di un informatore più o meno occasionale delle forze dell'ordine. Le zone d'ombra ci sono, ma non riguardano il dato essenziale: l'accoltellamento del carabiniere da parte di almeno uno dei giovani americani. Fare giustizia vuol dire punire, naturalmente una volta che un procedimento giudiziario lo abbia accertato, questo ignobile omicidio. Ci sono, non lo si può negare, aspetti poco chiari, ma questi riguardano forse le modalità con cui le forze dell'ordine cercano di controllare attività criminali diffuse in situazioni difficili da controllare. E' necessario fare chiarezza, certo, ma con l'equilibrio di chi sa bene come funziona il complicato lavoro investigativo che implica anche l'esistenza di zone grigie. Le zone grigie nelle azioni di controllo del territorio sono infatti inevitabili e negarlo significa immaginare una realtà inesistente in cui tutti i cittadini collaborano spontaneamente con le forze dell'ordine che agiscono solo in seguito a denunce specifiche. Il mondo sotterraneo dello spaccio è un labirinto inestricabile nel quale la legalità può insinuarsi anche per vie traverse, e per fortuna ne trova qualcuna. Chiedere di svelare tutte le relazioni, le collaborazioni, le informazioni coperte, su cui si basa il lavoro delle forze dell'ordine significa voler rendere impotente il loro sforzo, che poi giunge, in casi estremi, fino al sacrificio e all'eroismo. I due aspetti, quello eroico è quello meno evidente, sono collegati, lodare il primo e deprecare il secondo sarebbe una dimostrazione di ipocrisia e una lesione del valore della lotta per la legalità. Per questo ci sono argomenti su cui, in casi specifici, è bene non coltivare il mito vuoto e morboso della trasparenza. Non per cinismo ma, al contrario, per senso civico.