Il Csm e l'orrore di una repubblica giudiziaria fondata sui pm. Sveglia

    Dimenticatevi della fuffa e pensate alla ciccia. Tra i molti spunti di riflessione offerti dalla incredibile guerra tra bande combattuta ormai da giorni attorno agli equilibri del Csm – e alle sue nomine, ai suoi indagati, alle sue fughe di notizie e ad alcuni sconvenienti intrecci con la politica – ce n'è uno molto importante che non è stato ancora considerato e che riguarda un tema cruciale non solo nell'ambito del caso Palamara ma anche nell'ambito della nostra democrazia. Qualcuno ci avrà fatto caso e qualcun altro forse no. Ma se c'è un filo conduttore che merita di essere seguito con attenzione per non perderci tra i mille rivoli del caos del Csm quel filo coincide con un dato che non può essere solo casuale: tra i protagonisti dell'ultimo incredibile cortocircuito della magistratura ci sono solo pubblici ministeri. Significa che i pubblici ministeri hanno una predisposizione naturale a fare zozzerie? Non diciamo stupidaggini. La nostra annotazione punta però a segnalare un tema che non può continuare a essere omesso: la ragione per cui la politica più o meno laica e le correnti più o meno togate si sono ritrovate a scannarsi tra di loro più per influenzare le nomine di procuratori e di sostituti procuratori che per influenzare le nomine di giudici è legata a un fatto difficilmente contestabile che riguarda la falsità assoluta di un dogma della nostra giurisprudenza: l'obbligatorietà dell'azione penale.