Anche la Lega può scottarsi con l'Ilva

    Roma. ArcelorMittal ha comunicato al governo che potrebbe abbandonare l'acciaieria Ilva di Taranto se il decreto crescita non verrà modificato. La preoccupazione riguarda la possibilità che una norma voluta dal Movimento 5 stelle cancelli le tutele legali previste quando il primo gruppo siderurgico europeo ha deciso di investire nell'Ilva, meno di un anno fa. Ad Arcelor era stata assicurata la possibilità di non incorrere in procedimenti penali fino all'attuazione del piano ambientale da concludere nel 2023. La norma introdotta nel decreto invece limita al 6 settembre 2019 il termine di applicazione dell'esonero da responsabilità penale e amministrativa dei dirigenti. Lo stabilimento è infatti sotto sequestro dal 2012 e l'immunità da azioni giudiziarie era stata garantita anche ai commissari governativi negli anni passati. La questione imbarazza il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio che con quella norma tentava di recuperare il consenso perso dopo l'accordo con ArcelorMittal che ha permesso di tenere aperta l'Ilva. Il M5s prometteva di chiuderla in campagna elettorale. Il ministero ha comunicato che “presto sarà trovata una soluzione”. Tuttavia il decreto dovrà essere votato dal Parlamento entro il 29 giugno e il governo ha posto la fiducia. Le modifiche proposte in commissione sono state respinte, tra cui quella firmata da Maria Elena Boschi (Pd) che eliminava il limite temporale per la fine dell'immunità, annullando la norma del M5s. La comunicazione di Arcelor costringe la Lega a uscire dall'ambiguità e dire se vuole mantenere o meno la presenza di un investitore estero nel più grande stabilimento produttivo d'Italia per numero di addetti. (a.bram.)