Quando einstein e Gödel passeggiavano a princeton

    J im Holt è un filosofo e autore americano, famoso per la sua collaborazione con il New Yorker e per i suoi libri in cui scienza, esistenzialismo e tecnologia si incrociano in maniere sorprendenti. Molti dei suoi libri sono dialogici. Nel 2012, in “Perché il mondo esiste?”, Holt interrogò scienziati, teologi e romanzieri per tentare di rispondere alla domanda delle domande. Il suo ultimo libro, da poco tradotto in italiano, parte da un dialogo tra due delle menti più brillanti del Ventesimo secolo, forse le più brillanti in assoluto: Albert Einstein e Kurt Gödel, che all'inizio del secolo rivoluzionarono per sempre la fisica e la matematica. I due, ormai non più giovani e famosi da morire, negli anni Trenta del Novecento si trovarono assieme all'Università di Princeton, e presero l'abitudine di fare lunghe passeggiate. Nessuno sa cosa si dissero i due geni in quelle passeggiate da 350 punti di quoziente intellettivo, ma Jim Holt prova a immaginarlo, e nel farlo racconta come è cambiata per sempre la nozione del tempo. “Quando Einstein passeggiava con Gödel”, questo è il titolo del libro pubblicato da Mondadori, è una raccolta di saggi e racconti in cui quello dedicato ai due scienziati è il più lungo e notevole. Holt tratta tra gli altri argomenti di infiniti e infinitesimi, delle distrazioni da smartphone, dell'ateismo, dell'illusione del tempo, dell'eugenetica. Holt dà picconate a un mito femminista e sostiene che non è vero che Ada Lovelace, la figlia di Byron, sia stata la prima programmatrice di computer al mondo. Le lettrici non apprezzeranno, contando che tutti gli altri personaggi di cui parla il libro sono uomini e che Holt, per questo e per il vizio di interrompere le colleghe donne durante i dibattiti, è stato criticato già in passato.