Incubi d'autunno

Mario Baldassarri

    Giovedì 10 ottobre 2019. A fine settembre è stata presentata la nota di aggiornamento del Def. Sono cominciate subito le fibrillazioni sui mercati. Lunedì scorso è arrivata in Parlamento la legge di Bilancio per il 2020 e allora è partito l'assalto finale ai titoli del debito pubblico. In tre giorni lo spread ha superato i 500 punti. La Borsa è crollata trascinata dai titoli bancari. Banche, Borsa e mercati sono stati chiusi a tempo indeterminato da domani mattina. I prelievi Bancomat saranno limitati a 50 euro al giorno. La pallina di neve in cima alla montagna per mesi e mesi è scivolata lungo la vallata, senza che nessuno si preoccupasse di contrastarla. Alla fine è diventata una valanga devastante per cose e persone nel villaggio.

    A marzo infatti la evidente frenata della crescita verso zero aveva modificato in modo significativo tutti i parametri di finanza pubblica: il deficit andava verso e oltre il 3 per cento ed il rapporto debito/pil verso il 135 per cento. Ad aprile il governo ha varato il Def 2020-2022. Ha corretto le stime di crescita, senza però indicare i numeri della legge di Bilancio 2020 e, anzi, annunciando che avrebbe introdotto una flat tax. Chi segnalava rischi incombenti era un malefico gufo non consapevole che tutte le decisioni dovevano essere rinviate a dopo le elezioni europee di maggio. E infatti a fine maggio la maggioranza di governo ha portato a casa un largo consenso. A fine settembre ha poi presentato la nota di aggiornamento del Def e la legge di Bilancio per il 2020 secondo le sue linee: una crescita del pil allo 0,4 per cento nel 2019, sulla spinta di una ripresa formidabile nel secondo semestre attivata da decreto sviluppo e decreto sblocca cantieri, e sopra l'1 per cento nel successivo biennio. Ha poi collocato l'inflazione prevista a più del 2 “gonfiando” il pil nominale tanto da far apparire i parametri di finanza pubblica quasi sotto controllo: deficit poco sopra il 2 e rapporto debito/pil stabile a 133 per cento. Per il 2020, il non aumento dell'Iva per 23,5 miliardi e i maggiori costi di reddito di cittadinanza e quota 100 per altri 10 miliardi sarebbero stati coperti dalla… ripresa della crescita, da tagli apparenti sugli aumenti previsti di spesa pubblica e dal… recupero dell'evasione, dando per incassati entro questo dicembre i 18 miliardi di entrate per privatizzazioni. La Commissione europea, che si sperava influenzata in modo significativo dai movimenti sovranisti, è apparsa invece ancor più rigida e ha subito avviato una procedura di infrazione per gravi squilibri macroeconomici e deficit e debito in eccesso. Le agenzie di rating hanno declassato i titoli di stato italiani a spazzatura e i mercati sono partiti all'attacco. Lunedì prossimo, 14 ottobre, arriva a Roma la Troika. Attorno all'Italia scatterà quindi un cordone “sanitario” per isolarla dal resto d'Europa. Si dovranno fare in fretta e furia tagli di spesa e soprattutto aumenti di tasse per almeno il 4 per cento del pil. L'economia italiana dovrà pertanto subire una ulteriore pesante frenata verso un meno 1-2 per cento di crescita. Tra economia reale sottozero e finanza pubblica in squilibrio ci avviteremo come un cane che corre dietro alla sua coda. E dopo tre o quattro anni di quest'inferno torneremo a riveder le stelle di una crescita positiva forse nel 2022. Ma a quel punto avremo un pil pro-capite inferiore del 40 per cento rispetto a quello che avevamo nel 2007, prima dell'inizio della crisi. Sin dalla fine del 2018, qualche isolato grillo parlante aveva detto che con manovrine dello 0,5 cento del pil non si poteva andare da nessuna parte. Quegli stessi grilli avevano implorato di fare, magari anche prima di maggio, una manovra seria, forte e qualificata pari a circa il 4 per cento del pil, cioè 70-80 miliardi, con tagli seri agli sprechi ed alle malversazione della spesa pubblica, riduzioni fiscali su famiglie ed imprese e forte rilancio degli investimenti pubblici. Ma come si sa i grilli parlanti finiscono colpiti dal martello di Pinocchio. Qui però il martello è stato scagliato contro sessanta milioni di italiani.

    Pensando a quei sessanta milioni di italiani mi sono svegliato per pochi secondi, poi mi sono riaddormentato. E allora il sogno è cambiato. In realtà non arrivava a Roma nessuna Troika perché il governo italiano aveva annunciato che da lunedì 14 ottobre l'Italia usciva dall'euro. Con le prime nuove lire in mano con l'effigie di Alberto da Giussano circondata da cinque stelle gialle mi sono svegliato e questa volta definitivamente. Ho capito allora che era solo un incubo notturno dovuto alla attenta lettura del Def, dei numeri che ci sono e soprattutto dei numeri che non ci sono. Meno male che siamo solo all'inizio di maggio e non a metà ottobre e, quindi, siamo ancora in tempo per evitare di vivere sul serio in autunno quel doppio incubo. Certo che se si continua a dire che entro questo 2019 incasseremo 18 miliardi da privatizzazioni e per il 2020 si dice di non aumentare l'Iva e di introdurre una flat-tax senza sapere dove sono le coperture… Ma non è che Salvini e Di Maio hanno avuto lo stesso brutto sogno e cercano qualche motivo per non bere insieme l'amaro calice di ottobre?

    Mario Baldassarri