Il Salone di due intolleranze dominanti
G li eventi culturali sono spalmati di una marmellata che non mi piace. Il retrogusto è dolciastro. Culturale fa rima con promozionale. Non sono quindi la persona giusta per dirimere la controversia sull'editore fascista, il suo padiglione al Salone di Torino, il libro del Truce e la rivolta dello scrittore collettivo antifa. Mi limito a un'osservazione. E' tipicamente corretto, politicamente corretto, pretendere che un luogo culturale, di istruzione, di discussione, sia preservato da quello che nuovi canoni ambigui hanno definito hate speech, discorso d'odio. Tra i capolavori letterari di ogni tempo, segnatamente del Novecento, non si contano i testi dell'odio, spesso dissimulazioni maledette di un emotivo lirismo d'amore (Céline per tutti). E sono innumerevoli i racconti d'amore (Genet per tutti) che dietro le quinte della commedia mettono in scena una partitura di violenza e di odio. Odi et amo: il binomio è inespiantabile dalla storia e dalla vita, ovvio, e Terenzio invita a non considerare estraneo niente dell'umano, i classici e l'ironia sono l'opposto di un tetro safe space.
La guerra culturale al politicamente corretto, quando Trump aveva i calzoni corti, la conducevamo all'insegna o meglio in omaggio o meglio ancora corteggiando un principio o meglio ancora un criterio (insegna, omaggio, principio sono trappole lessicali, resta solo il corteggiamento di un criterio). Il criterio è che il mondo umano ha bisogno di contraddizione, quale che sia il rapporto di ciascuno con la verità, e ogni pensiero dominante, addirittura unico, è da contrastare in modo fervente. I diritti dell'uomo per esempio sono una cosa seria, per come affermati nella Dichiarazione d'Indipendenza americana, ma il droit-de-l'hommisme in quanto ideologia radicale, per come predicato da Robespierre, porta al Terrore e alla ghigliottina, meglio i pregiudizi tradizionali osannati da Edmund Burke, che aveva visto bene come si mettevano le cose già nel 1790-1791, sebbene considerati oggi scorretti.
Ora che un truce zelo missionario incanta le masse nell'ottusità nazionalpopulista e le ingabbia in varianti grottesche del razzismo e del fascismo, qualcuno dice che bisogna riprendersi il politicamente corretto e tenerselo caro. Non mi pare strettamente necessario. Anzi, è probabile che il politicamente corretto, nel suo truce zelo missionario e nella sua intolleranza per la libertà di parola, sia da considerarsi come un parente ideologico, e una concausa, del dilagare presente degli intolleranti in divisa trucista. Gli studenti in lotta contro il maschio bianco occidentale fascista e colonialista e razzista e misogino e omofobo sono in certo senso il pendant, nel loro attivismo contro Shakespeare, Churchill o il meno significativo Jordan Peterson, dei giovanotti che usurpano il nome dei poeti ermetici e simbolisti come Pound per scatenarsi letteralmente contro le donne i neri gli immigrati i radical chic e la finanza semita internazionale. Conservatori, riformisti, e veri radicali, magari libertari o liberisti, non sono tenuti a scegliere fra tutti questi antagonisti con i loro risonanti e magniloquenti padiglioni e saloni.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
